Quante volte facciamo distrattamente il segno di croce e invochiamo il nome della Trinità divina?
Questo gesto significa rinnovare le promesse battesimali, accettare le parole con le quali siamo stati fatti cristiani, accogliere ciò che nel battesimo e senza la nostra partecipazione e riflessione ci è stato donato, assimilarlo nella nostra vita personale. Allora, infatti, ci è stata versata dell’acqua sul capo e su di noi è stata pronunciata la parola: «Ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». La chiesa rende l’uomo cristiano pronunciando il nome del Dio trinitario. Fin dall’inizio è questo il modo di cui essa si serve per esprimere ciò che considera davvero decisivo per essere cristiani: la fede nel Dio uno e trino.
Questo ci delude.
Lo sentiamo tanto distante dalla nostra vita che ci appare inutile, incomprensibile. Sebbene attraverso una breve formula, ci aspettiamo qualcosa che ci attragga, ci stimoli, qualcosa che si mostri immediatamente importante per l’uomo e la sua vita. Ma è appunto quel che traspare da questa formula: il cristianesimo è interessato innanzitutto a Dio, non alla chiesa o all’uomo. Il suo specifico orientamento non riguarda le nostre speranze, i nostri timori e desideri, ma Dio, la sua sovranità e potenza. La prima proposizione della fede cristiana, l’orientamento di fondo della conversione del cristiano suona: Dio è.
Ma che cosa significa questo? Che cosa significa nella vita quotidiana in questo nostro mondo? Significa innanzitutto che Dio è, e che quindi gli ‘dèi’ non sono Dio.
È Lui che dobbiamo adorare, e nessun altro. Ma non è vero forse che gli dèi sono morti ormai da tempo? Una simile espressione non è forse chiara a tal punto da suonare vuota, priva di senso? Chi osserva però attentamente la realtà si pone anche un’altra domanda: è proprio vero che nel nostro tempo non si veneri più alcun idolo? Non esiste proprio nulla che oggi si adori accanto e contro Dio? Non è vero che dopo la ‘morte di Dio’ gli dèi hanno ripreso a esercitare il loro inquietante potere?
In che cosa confidiamo e crediamo? Il denaro, il potere, la reputazione, l’opinione pubblica, il sesso non sono forse diventati dei poteri di fronte ai quali gli uomini si piegano, ai quali rendono un servizio idolatrico? E il mondo non assumerebbe un altro aspetto nel caso in cui questi dèi venissero deposti dai loro troni?
Dio è: significa che al di sopra di tutti i nostri obiettivi e interessi stanno la verità e il diritto. Sta il valore di ciò che, dal punto di vista terreno, è privo di qualsiasi valore. C’è l’adorazione di Dio, la vera adorazione, che protegge l’uomo dalla dittatura dei fini e che è la sola in grado di difenderlo dalla dittatura esercitata dagli idoli.
Dio è: significa anche che noi tutti siamo sue creature. Soltanto creature, ma appunto come tali veramente originate da Dio. Noi siamo creature, volute da Lui e destinate all’eternità: lo è anche il nostro vicino, anche la persona antipatica che mi sta accanto. L’uomo non viene dal caso, non è il risultato di una pura lotta per l’esistenza, che farebbe trionfare ciò che è adatto allo scopo, ciò che riesce a imporsi: l’uomo è frutto dell’amore creativo di Dio.
Dio è: qui bisogna sottolineare soprattutto la paroletta ‘è’, tradurre dunque la formula nella seguente proposizione: Dio è realmente, e ciò significa che opera, agisce e può agire. Non è un’origine lontana o un indeterminato ‘verso dove del nostro trascendere’. Non ha preso affatto le distanze dalla sua macchina del mondo, non ha abdicato a ogni sua funzione perché tutto ormai funzionerebbe da sé. Il mondo è e rimane il suo mondo, il presente è il suo tempo, e non il passato. Egli può agire, e agisce in modo davvero reale ora, in questo mondo e nella nostra vita. Noi riponiamo in Lui la nostra fiducia? Nei calcoli che facciamo lungo il corso della nostra vita, nel nostro vivere quotidiano, egli rientra come realtà? Abbiamo compreso che cosa significa la prima tavola dei dieci comandamenti, questa istanza davvero fondamentale che è rivolta alla vita dell’uomo, ripresa poi dalle prime tre invocazioni del Padre nostro, che intendono renderla orientamento di fondo del nostro spirito, del nostro vivere?
Dio è. E la fede aggiunge: Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, uno e trino. Questo punto così centrale rimane avvolto, nella cristianità, in un silenzio imbarazzante. La chiesa non è forse andata troppo oltre? Non sarebbe stato forse meglio lasciare che questa immensità, che questa inaccessibilità rimanesse avvolta nel suo mistero?
Del resto, che significato può avere per noi? Certo, questa proposizione è e rimane espressione dell’alterità di Dio, il quale è infinitamente più grande di noi, trascende ogni nostro pensiero ed essere. Tuttavia, se non avesse avuto nulla da dirci, non ci sarebbe stato manifestato nemmeno il suo contenuto. Sì, egli poteva essere compreso soltanto entro gli schemi di un linguaggio umano, poiché si era già inserito nel processo di riflessione e di vita degli uomini.
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