Gesù oggi ci mostra come lui non abbia paura di morire per amore nostro. Noi, invece, quante paure abbiamo? E in che senso benedire Dio è antidoto alla paura?
In che senso la gratitudine e l’umiltà di riconoscere di aver sbagliato sono un modo per poter vedere di nuovo il volto di Dio nel nostro cuore?
Prendete l’armatura di Dio, perché possiate resistere e restare saldi dopo aver superato tutte le prove.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Ef 6,10-20
Fratelli, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio.
In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.
Parola di Dio
R. Benedetto il Signore, mia roccia.
Oppure:
Sei tu, Signore, il mio sostegno.
Benedetto il Signore, mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia. R.
Mio alleato e mia fortezza,
mio rifugio e mio liberatore,
mio scudo in cui confido,
colui che sottomette i popoli al mio giogo. R.
O Dio, ti canterò un canto nuovo,
inneggerò a te con l’arpa a dieci corde,
a te, che dai vittoria ai re,
che scampi Davide, tuo servo, dalla spada iniqua. R.
Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,31-35
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».
Parola del Signore
Gerusalemme, la “città santa“, è stata in realtà luogo di grande persecuzioni per i profeti. Gesù stesso esclama: “non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”, annunciando così la sua morte nella città del Tempio di Salomone, nonché fulcro della Terra Promessa degli Israeliti.
Gesù lascia intendere anche che, nonostante le grandi cure per il suo popolo, questo alla fine lo ucciderà. Quante volte non siamo grati a Dio per tutte le benedizioni che ci dà? Quante volte non vogliamo o riusciamo ad ascoltare chi ci dà un consiglio, soffocando così la voce di Dio nel nostro cuore e con l’indifferenza per il prossimo? Perché è troppo arduo per il nostro orgoglio cambiare rotta?
Gesù accenna a tre soli giorni in cui sarà ancora tra i suoi, guarendo e scacciando demoni, e fa riferimento sia al poco tempo che ancora sarà con loro, sia ai tre giorni prima della sua definitiva Risurrezione. Dopo quei tre giorni simbolici, “non mi vedrete”, dice Gesù: dopo aver commissionato il suo omicidio, il popolo ebraico non lo vedrà più e così, dimenticandosi di chi era Gesù, non vedrà a lungo il volto di quell’Uomo inviato da Dio che era venuto per salvarlo.
Tutto questo, dice Gesù, «finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”»: finché cioè gli occhi del cuore non si apriranno e vedranno che colui che uccisero era proprio Dio, nel Figlio che era stato mandato a loro!
Quante volte, dopo che chiudiamo gli occhi, gli orecchi e il cuore, e trattiamo qualcuno con indifferenza, magari nonostante il suo dolore, ci sentiamo poi il cuore indurito, sterile, chiuso?
Tante volte, negli altri e nella nostra coscienza che ci parla abbiamo rifiutato Gesù, lo abbiamo ritenuto scomodo. Abbiamo soffocato quella voce. E perché? Per un motivo molto banale, forse: la paura. La paura di metterci in discussione, di cambiare, di lasciarci alle spalle i nostri sbagli, sui quali invece Dio può sempre operare. Ma Gesù ha misericordia di tutto questo, ci conosce.
E ci dice che l’antidoto a tutto questo è riconoscerlo e benedirlo. Torniamo dunque col cuore a quel Dio che ha sempre misericordia per noi. Che è venuto a guarire, a scacciare i nostri tormenti, il maligno che ci opprime, i nostri mali e i nostri peccati, portandoci al sicuro come una chioccia con i suoi pulcini.
Gesù ci lascia liberi, anche di fargli del male, lui non ha paura di questo. Ma ciò che si aspetta è che noi lo riconosciamo, presto o tardi, e infine lo benediciamo per la sua misericordia, lo riconosciamo come nostra salvezza. Pregando anche il suo Santo Spirito, che il Padre ha inviato e che parla al nostro cuore di quell’amore che ci cambia ogni volta che noi lasciamo libero di agire.
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