La terrificante foto di un bambino a cui sono state amputate le gambe da un tono macabro all’Avvento di quest’anno. Dove trovare la luce per celebrare il Natale?
Se ci guardiamo intorno è difficile accendere la gioia dell’attesa, provare la magia del Natale. La terra dove il Messia è sceso sulla terra è in guerra. Come può il resto del mondo fare festa per il Natale del Signore?
Siamo col fiato sospeso e col cuore gonfio di dolore per le guerre; eppure, il Signore ci chiede di non farci rubare la speranza.
Da terra Santa a scenario di guerra
La terra contesa da ben tre Religioni, la cosiddetta Terra Santa, da tempo è scenario di una guerra a pezzi che ora ha assunto proporzioni terribili. Non sono per l’acuirsi del conflitto ma anche per le vite coinvolte. Sia ben chiaro ogni vita che è spezzata dalla violenza grida al cospetto di Dio, ma ancora di più quando è sangue innocente e ancora peggio se questi innocenti sono così piccoli da non potersi difendere.
Scorrono nella mente le immagini dei bambini uccisi, decapitati, o feriti così gravemente da costringere i medici ad amputargli degli arti. Come si può sperare in un futuro migliore quando l’uomo è capace di così tanto male? È una domanda legittima, ma non lo è lo sconcerto che può fare da sfondo. Il vero pericolo da combattere in questo tempo è un altro.
Le parole di Liliana Segre dicono qual è, e che potere devastante ha: “L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male perché, quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.
Chiamati ad essere chiesa che piange
A più riprese Papa Francesco ci ha esortato dicendo che non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte a questi drammi dei suoi figli, specie più giovani e indifesi. Non dobbiamo mai farci l’abitudine, perché chi non sa piangere non è madre. Noi vogliamo piangere perché anche la società sia più madre, perché invece di uccidere impari a partorire, perché sia promessa di vita.
Piangiamo quando ricordiamo quei giovani che sono morti a causa della miseria e della violenza e chiediamo alla società di imparare ad essere una madre solidale. Quel dolore non se ne va, ci accompagna ad ogni passo, perché la realtà non può essere nascosta. La cosa peggiore che possiamo fare è applicare la ricetta dello spirito mondano che consiste nell’anestetizzare le nostre coscienze con altre notizie, con altre distrazioni, con banalità.
Non possiamo volgere lo sguardo dall’altra parte. Occorre una generale mobilitazione delle coscienze per superare questa cultura della morte a vantaggio della cultura della vita.
“La pace non è l’assenza di guerra”
Lungo la Storia il Magistero della Chiesa ci ha insegnato che la pace si costruisce ogni giorno perseguendo l’ordine voluto da Dio che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini. La pace, dunque, comporta un cambio di mentalità. Occorre che impariamo a pensare in termini di solidarietà e fratellanza. Che ci prendiamo seriamente a cuore tutti dei problemi di tutti. Dice un proverbio che, se sogni da solo è solo un sogno, ma se si sogna insieme è la realtà che inizia.
Betlemme rossa del sangue di un numero indecifrato di bambini ci provoca a un impegno maggiore per costruire questa pace.
Ritornano con dirompente attualità le parole che ha Pronunciato Papa Francesco ai lavoratori delle Acciaierie di Terni, 20 marzo 2014: “Cari fratelli e sorelle, non smettete mai di sperare in un futuro migliore. Lottate per questo, lottate. Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo, per favore! Se ciascuno farà la propria parte, se tutti metteranno sempre al centro la persona umana, non il denaro, con la sua dignità, se si consoliderà un atteggiamento di solidarietà e condivisione fraterna, ispirato al Vangelo, si potrà uscire dalla palude di una stagione economica e lavorativa faticosa e difficile”. Anche quest’anno, anche se il mondo è tinto del rosso del sangue innocente versato, con questa fiducia andiamo incontro al Signore che viene.