Dietro il pacifismo di facciata, degli slogan e delle bandiere arcobaleno, si nascondono politiche nient’affatto di pace. Il caso di Joe Biden fa discutere.
Qualora venisse eletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nonostante il ricorso dell’attuale presidente Donald Trump che ha denunciato brogli elettorali, che peraltro si stanno scoprendo in molti degli stati americani, molti si domandano già: che ne sarà della pace nel mondo?
Spesso infatti si pensa che la politica della promozione dei diritti umani debba tradursi con la fine degli interventi militari in giro per il mondo. In realtà, le cose stanno nell’esatto contrario. Il democratico e pseudo-pacifista Biden, ad esempio, nella sua carriera politica ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia.
Da ultimo, è stato un acceso fautore della guerra in Iraq, descritta da Trump come “il peggior errore geopolitico della nostra generazione”. Per questo molti si chiedono come sarà, di fatto, la politica estera dell’amministrazione Biden.
L’idea che probabilmente tornerà in auge, dopo essere stata abbandonata da Trump, è quella degli Stati Uniti “poliziotto del mondo”. Una visione del mondo ampiamente portata avanti da Barack Obama, che ha portato ad esempio alle Primavere arabe, in un primo momento, e in seguito alla destabilizzazione del Medio Oriente e del Nord Africa.
Sulla prestigiosa rivista Foreign Affairs Biden, solamente pochi mesi fa, ha parlato di volere riunire le “democrazie del mondo” per “affrontare onestamente le nazioni che si stanno ritirando dalla democrazia e forgiare un’agenda comune“.
Come? “Basandosi sul modello di successo istituito durante l’amministrazione Obama-Biden con il vertice sulla sicurezza nucleare, gli Stati Uniti daranno la priorità ai risultati galvanizzando nuovi impegni significativi nei paesi in tre aree”, ha scritto Biden. “Lotta alla corruzione, difesa dall’autoritarismo e promozione dei diritti umani nelle proprie nazioni e all’estero”.
Assunti che, in tutta probabilità, si tradurranno in nuovi interventi militari in giro per il mondo. Il sito PolitiFact ha infatti ricordato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti dell’Iraq di Saddam Hussein nel 2002, che portarono al drammatico intervento militare in Iraq.
L’invasione degli Stati Uniti nel Paese del Medio Oriente portò infatti alla Seconda Guerra del Golfo. Conclusa con l’uccisione di Saddam Hussein. Ma Biden votò anche a favore delle operazioni aeree militari e attacchi missilistici contro Serbia e Montenegro nel 1999.
La Serbia e il Kosovo si trasformano in un teatro dell’orrore di cui restarono solo morti, tra cui molti civili, e macerie. Le Primavere arabe e la destabilizzazione del Nord Africa e del Medio Oriente, operata infine dall’amministrazione democratica e apertamente sostenuta da Biden, sono l’epilogo di molti anni di pesante destabilizzazione internazionale.
Arrivata fino alla Siria e al tentativo di rovesciare il regime di Bashar al-Assad per instaurare un “nuovo regime democratico”. Come ammise anche Hillary Clinton, quella decisione portò alla nascita del jihadismo di Al-Nusra, prima, e allo Stato Islamico in un secondo momento.
Senza contare, infine, il caos libico attualmente in atto, alla base di gran parte delle migrazioni verso l’Italia e l’Europa. Gli Stati Uniti infatti, nell’ambito di un’operazione Nato, promossero fortemente la cacciata di Gheddafi. Costringendo i libici a rifugiarsi nei Paesi vicini.
Non proprio un bel modo di portare pace, prosperità e diritti umani in giro per il mondo.
Giovanni Bernardi
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