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Il biocentrismo in rapporto con la religione

La morte è pensata come l’unico evento certo della nostra vita, essa è concepita come l’assenza dell’essere (a questo mondo) e per questa sua definizione mette paura. Una volta presa coscienza della fine dell’esistenza come la concepiamo (quella di essere umano) nella nostra mente si affollano delle domande: che senso ha la mia vita? Cosa sarà di me dopo la morte? C’è qualcosa oltre la morte? E se si, Cosa?

 

A queste domande le società primordiali si sono risposte creando un universo parallelo al piano esistenziale che, a differenza di quello in cui viviamo, è eterno e indistruttibile. Di questa visione si sono appropriate quasi tutte le religioni e il credere ad un aldilà aiuta le persone a sopportare l’idea della cessazione dell’esistenza, in vista di una vita eterna e priva di dolori.

 

Al giorno d’oggi  la crisi religiosa ha messo le persone dinnanzi ad una nuova incertezza, ricreando in parte la situazione originale che comportava il terrore della morte. Per non pensare a questo l’uomo moderno si affanna a trovare dei ‘Divertissement’ (per dirla alla Pascal), delle distrazioni, che gli permettono di non cedere alla depressione.

 

In una società fortemente razionale come quella moderna ciò che è interessante approfondire è il rapporto che ha la scienza (da sempre considerata antitetica all’esistenza di Dio e dell’aldilà) con il concetto di vita: analizzando le varie teorie ci siamo imbattuti in quella del professor Robert Lanza, luminare di Fisica e convinto assertore del Biocentrismo come naturale evoluzione filosofica della  Fisica Quantistica. Sull’argomento ha scritto numerose opere, dalle quali si evince che in realtà è il concetto stesso di morte che andrebbe rivisto.

 

Il Professor Lanza spiega che l’universo, così come lo conosciamo, esiste solamente in rapporto con la rappresentazione che abbiamo di esso. Questa affermazione è alla base del concetto stesso di Biocentrismo, una teoria che implica che la nostra coscienza è separata da quell’ammasso di molecole che compone il nostro organismo.

 

Per spiegare meglio questo concetto il Professor Lanza parte da due considerazioni, la prima che: “Ci hanno insegnato a pensare che la vita sia solo l’attività generata dalla combinazione del carbonio e di una miscela di molecole, che vivremo per un certo tempo e che poi finiremo per marcire sottoterra”, mentre la seconda che: “Noi crediamo nella morte perché ci è stato insegnato che moriremo, o più specificamente, ci hanno insegnato che la nostra coscienza è un fenomeno associato al nostro organismo e che questa morirò con esso”.

 

Dunque il postulato di partenza di questa teoria è che la nostra coscienza è alla base dell’esistenza stessa dell’universo, lo stesso concetto di morte per come conosciuto e sviluppato nel corso dei secoli si ferma alla nostra analisi visiva di esso. Questo implica che tutto quello che ci circonda sia le cose materiali che i fenomeni atmosferici che il passare del tempo sono il risultato della nostra percezione dello spazio circostante, il che di fatto implica che l’universo e i pianeti stessi potrebbero assumere forme colori e dimensioni a seconda della persona che le osserva, lo stesso si può dire per lo scorrere delle ere.

 

Una volta accettato che il mondo non esiste se non attraverso la nostra percezione ed allo stesso modo anche la mortalità, si può asserire che con la cessazione della vita nel corpo, la nostra coscienza entra in un campo senza più limiti ne spaziali ne temporali, il che è molto simile al concetto di eternità descritto dalle religioni.

 

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