Angelo Branduardi, uno dei più grandi cantautori italiani viventi, ha confidato le sue difficoltà vissute durante la pandemia. Grazie a queste, però, gli è accaduto qualcosa di inaspettato.
Il suo Kyrie Eleison è infatti nato proprio in questo contesto di dolore. Si tratta infatti di una musica che risuona nelle corde dell’animo, oltre ogni velleità materialistica. Il cantautore ha raccontato al quotidiano Avvenire la genesi di questo suo ultimo brano, che inizialmente a suo avviso suonava come molto doloroso. Ma per chiunque lo ascoltava diventava un canto improvviso di liberazione totale.
Branduardi: “Ho chiesto al Signore semplicemente questo: abbi pietà”
Il misterioso effetto è nato proprio dall’avere “saputo e voluto chiedere al Signore semplicemente questo: abbi pietà”, ha spiegato. “All’inizio ho creduto di avere scritto una cosa molto dolorosa, ma invece tutti quelli che l’hanno ascoltato hanno trovato il brano profondamente consolatorio e pieno di speranza”.
Branduardi ha anche confidato di essersi fortemente bloccato, dal punto di vista emotivo e artistico, dopo lo scoppio della pandemia. Non riusciva cioè più a lavorare, a comporre, tutte le sue date del tour sono state improvvisamente bloccate.
Lo spaesamento di Branduardi dovuto alla pandemia
“In tutti i mesi della pandemia non ho suonato una sola nota con nessuno strumento. E non sono stato in grado di ascoltare niente di quello che di solito mi commuove e mi consola. Ho provato tante volte, ma poi ho lasciato perdere. Poi dopo avere scritto questo Kyrie improvvisamente mi sono sentito come risorto”.
Da questo periodo di spaesamento ne è però emersa la sua ultima invocazione personale molto potente. Una melodia con tante influenze internazionali, che trae linfa dalla situazione attuale per salire al cielo con uno slancio mistico. Un percorso che Branduardi ha imboccato da tempo. Già il disco uscito nel 2019, dal titolo “Il cammino dell’anima“, è infatti ispirato ispirato all’opera musicale della mistica medievale tedesca Ildegarda di Bingen.
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L’ultimo brano di Branduardi e quell’invocazione al Signore
Ora Branduardi, dopo questo suo ultimo brano, di fronte a sé vede solo uno “stupore quasi infantile, di grande gioia”. Nell’ambito di “un cammino interiore” in cui a “lungo ho vacillato, sperimentando il silenzio di Dio e l’assenza della musica, quanto di più doloroso“. Ma la sua versione del Kyrie, ispirato alla tradizione congolese, è un canto di speranza e di luce.
Quella musica, infatti, rappresenta l’amore, anche se “non basta per lenire il dolore”. Perché è semplicemente il “limite dell’amore umano“. “È potentemente consolatorio, ma chiede che si protenda verso l’alto, verso l’oltre. E questi nostri tempi così illusori, con la tecnocrazia al potere, sono emblematici della condizione umana”.
In tutto ciò, ha concluso Branduardi, “mi aspetto che prima o poi sorga un nuovo sole. Che non è certo il sol dell’avvenire di ideologica memoria. Liberiamoci dai falsi obiettivi che non servono e non salvano l’uomo, dalla sbandierata crescita economica fino al famigerato al Pil che deve sempre a tutti i costi aumentare. Basta con questi inganni”. Ora è cioè arrivato il momento di tornare ad avere davvero fede nel Signore.
Giovanni Bernardi