Invece di allentare le tensioni tra Occidente e Russia, ci sono personaggi oscuri che soffiano sul fuoco delle contrapposizioni.
Come ha fatto l’attivista che ha avuto la “bella” idea di bruciare una copia del Corano davanti all’ambasciata turca in Svezia. Lo ha fatto, dice, per protestare contro l’opposizione di Ankara all’adesione del Paese scandinavo alla Nato. Di tutt’altra pasta l’azione di Papa Francesco e della Chiesa, che puntano al dialogo e al negoziato.
Nell’intervista rilasciata martedì scorso all’Associated Press, tra le altre cose papa Francesco ha risposto anche a domande sulla crisi dovuta alla guerra in Ucraina e sullo sforzo diplomatico della Santa Sede. Il Papa ha sottolineato la necessità di impegnarsi per un dialogo e per la ricerca di una soluzione diplomatica alla crisi, tanto più adesso che il conflitto rischia di evolvere verso una guerra nucleare.
Sul braccio ferro in atto sul suolo ucraino tra Russia e Occidente del resto Francesco ha le idee chiare. Come ha detto in passato, per lui è il tassello di una guerra mondiale tra «imperialismi in conflitto» che quando si sentono minacciati rispondono scatenando una guerra per rifarsi.
Il peso del dialogo nella risoluzione della crisi
Nell’intervista il pontefice, che ha spiegato di ricevere spesso delegazioni ucraine, ha espressamente elogiato il «ruolo significativo» svolto dalla Turchia nel tentativo di giungere a una soluzione diplomatica della crisi in Ucraina, ricordando di essersi congedato lunedì con l’ambasciatore turco dicendogli di «ringraziare il presidente e le autorità turche per lo sforzo di dialogo» (ad esempio per sbloccare la situazione del grano ucraino e la mediazione per arrivare al rilascio di prigionieri). «Stanno facendo un buon lavoro di dialogo, infatti, alcuni dei soldati delle acciaierie [Azovstal, a Mariupol] sono stati rilasciati in Turchia. C’è dialogo», ha sottolineato il Papa.
Colpisce anche l’elogio riservato all’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev, definito un «umanista, un uomo di grande umanità, col quale si può dialogare. È un diplomatico di lusso», ha detto Francesco.
Insomma, chiara la strada scelta dalla Santa Sede, in linea col suo ruolo tradizionale: farsi ambasciatrice di pace cercando di far convergere le nazioni, non di alimentare le tensioni.
Quegli estremisti che giocano (letteralmente) col fuoco
In tutt’altra direzione – quella della provocazione e del conflitto – si muovono altre forze politiche. Come quelle rappresentate da Rasmus Paludan, leader del partito di estrema destra Starm Krus (Linea dura), che sabato scorso ha bruciato il Corano davanti all’ambasciata turca di Stoccolma per protestare contro l’opposizione della Turchia all’entrata della Svezia nella Nato.
L’estremista ieri ha ripetuto il suo gesto incendiario bruciando un’altra copia del Corano, questa volta in Danimarca, vicino a una moschea nel quartiere Norrbro di Copenaghen. Ha minacciato di volere bruciare una copia del libro sacro ai musulmani a settimana. Una trovata che non ha alimentato soltanto l’ira della Turchia, ma di tutto il mondo musulmano. «Brucerò una copia del Corano davanti all’ambasciata turca a Copenaghen ogni venerdì, fino a quando la Svezia non entrerà a fare parte della Nato», ha dichiarato Paludan.
Una questione delicata: l’entrata di Svezia e Finlandia nella Nato
Un tema a di poco delicato, quello dell’entrata di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica. La decisione di abbandonare la tradizionale politica di neutralità per schierarsi apertamente sul fronte occidentale potrebbe rivelarsi ulteriore benzina sul fuoco nel confronto sempre più diretto tra Russia e Occidente.
Sull’adesione dei due Paesi nordici, in particolare della Svezia, pesa il veto della Turchia. Stando a un recente sondaggio, oltre il 92 per cento dei turchi è contrario all’ingresso della Svezia nella Nato. Già molto tesi, i rapporti tra Ankara e Stoccolma si sono ulteriormente incrinati dopo che l’11 gennaio scorso nella capitale svedese era andata in scena una manifestazione a sostegno dei separatisti curdi del Pkk, fonte di tensione tra Svezia e Turchia. Oltre alle bandiere del Pkk, è apparso anche un manichino di Erdogan appeso a testa in giù.
Un provocatore dal passato torbido
A peggiorare le cose è arrivato anche il gesto di Paludan, peraltro rimasto invischiato in patria in una brutta vicenda di dialoghi a luci rosse con minorenni (tra 13 e 17 anni) su una chat, come ha rivelato nell’agosto 2021 un’indagine del quotidiano danese Ekstra Bladet. Lui, a quanto pare, si è difeso negando non la conversazione ma di sapere che i suoi interlocutori fossero minorenni. Nel suo passato c’è anche una vicenda di stalking e molestie ai danni di un uomo di 24 anni. Nel 2013 nei confronti di Paludan fu anche emesso un ordine restrittivo che gli vietava ogni avvicinamento.
Comunque sia, la reazione turca non si è fatta attendere col rinvio a tempo indeterminato dei negoziati per l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato. L’incontro era in programma a febbraio. La situazione così si complica non poco. Per aderire alla Nato serve infatti l’approvazione all’unanimità di tutti e trenta gli Stati membri dell’Alleanza all’entrata di un nuovo Paese.