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Avvento: accendiamo la prima candela | Qual è il suo significato e il monito per noi?

Quali sono i valori da coltivare durante l’Avvento? Come evitare le tante distrazioni che invece deviano la nostra attenzione? 

Siamo entrati in Avvento, il periodo di quattro settimane che precede il Natale. Un tempo di attesa feconda della venuta del Signore in mezzo a noi ma per molti non è così.

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In che modo dobbiamo allora prepararci in questo tempo di attesa? Andando a fare la spesa, tra le bancarelle al mercato, nei negozi, o mentre si è al bar per prendere un caffè, capita più volte di sentire esternazioni del tipo “Meno male che il Natale viene solo una volta all’anno”.

Rende purtroppo l’idea di come tantissime persone si lascino trascinare dentro il vortice della frenesia che riduce l’Avvento in un’ulteriore occasione di stress, di corse agli acquisti frenetici, perdendo così l’opportunità di vivere e godere i veri valori che questo tempo di attesa porta con sé: gioia, disponibilità, amore, ascolto, silenzio.

Pur facendo cose apparentemente buone come comprare regali per i propri cari o dedicarsi al menù per il giorno di Natale, non si accorgono che Gesù viene per offrirci qualcosa di ben più prezioso che ci cambia la prospettiva dell’esistenza.

Non lasciamoci prendere dall’affanno di comprare doni materiali ma impariamo ad essere noi un dono per gli altri, dedicando qualche attenzione in più che si può tradurre in una telefonata o in una visita, e intanto altro.

Cosa fare per gustare appieno l’Avvento

Cosa fare allora per non rimanere agguantati dalle tante lusinghe del mondo che vuole deviare il nostro sguardo solo su ciò che finisce per svuotarci e stancarci?

Ci vengono in aiuto le quattro candele che caratterizzano la Corona di Avvento. Ciascuna porta un significato e un invito da vivere, settimana dopo settimana, permettendoci così di procedere nella giusta modalità e direzione.

La prima candela che viene accesa appunto la prima domenica di Avvento, di colore viola, è detta “del profeta” perché ci invita alla speranza. Rileggiamo cosa ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica in merito a questa virtù.

La speranza secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica

1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano e fanno la sua volontà. In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare sino alla fine e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che « tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4).

Oggi la nostra società tende a soffocare la speranza nelle promesse del Signore che ci offre una felicità senza fine. Pensiamo alle numerose notizie negative che invadono l’informazione, alla solitudine della gente in una società che volge sempre più verso un ripiegamento su se stessi, sul proprio interesse. E ancora le divisioni che serpeggiano nella Chiesa e nelle famiglie, le false ideologie che confondono le menti.

Invece Lui è sempre fedele solo ci chiede di collaborare e coltivare tutto ciò che è verità, bellezza, onestà, amore, in famiglia, al lavoro e ovunque ci troviamo. E l’Avvento ci offre l’opportunità per farlo.

Il bene è silenzioso ma c’è e opera, e noi tutti siamo chiamati a fare la nostra parte. Ognuno può rinnovare il proprio si a Dio in ogni circostanza della vita. Come Maria che non si è mai arresa e non ha permesso allo scoraggiamento di abitare nel suo cuore.

La speranza va oltre ogni forma di morte

Come dice Benedetto XVI chi crede in Dio che è Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte e giungere alla grande festa della vita.

E non si tratta solo della speranza che supera la morte fisica. Ma di nutrire la speranza già adesso, in questa vita, attraverso la preghiera, i sacramenti. E non permettere ai sentimenti di rassegnazione, sconforto, egoismo di soffocare la speranza nei nostri cuori e di creare così una distanza tra noi e l’Amore di Dio.

Simona Amabene

Scritto da
Simona Amabene

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