Il capolavoro del diavolo? Aver convinto tutti che non esiste. Il poeta francese Charles Boudleaire scriveva nel XIX secolo una frase indicativa per la società a lui contemporanea ed al tempo stesso sempre attuale: “Il capolavoro di Satana è di aver fatto perdere le sue tracce e di aver convinto gli uomini che egli non esiste”. Una frase che dimostra come già nelle prime fasi della “globalizzazione” (processo avvenuto solo dopo la seconda guerra mondiale, ma già proto concetto al tempo dell’imperialismo) dovuta all’industrializzazione di massa, la società cominciava a perdere il proprio attaccamento alla religione ed al concetto di “Bene” e “Male” come assunti principi della vita.
Questa disaffezione all’assoluto, alle figure trascendentali di bene e male ha portato in molti casi all’auto-determinismo morale che sia esso istituzionalizzato attraverso le leggi dei singoli paesi o che sia esso frutto di un insieme di principi formati dalla coscienza di ogni singolo individuo attraverso la percezione di cosa sia giusto e sbagliato; una percezione maturata in base ad un complesso sistema esperienziale. Quello che nel XIX secolo era solo un fenomeno che si insinuava all’interno della società è diventato ai giorni nostri il fulcro della società stessa, in cui concetti come bene e male sono estremamente variabili e soggetti alla volontà della res pubblica se non a quella del quartiere o ambiente di appartenenza.
In tutto questo c’è, come sottolineava Boudleaire, l’invisibile azione del diavolo che ha fatto perdere con il tempo la percezione della sua esistenza. Possiamo interpretare questa frase da un punto di vista cristiano ed evidenziare come al giorno d’oggi ci sia stata un’inversione dei valori fondanti della religione principale dell’occidente, vedendola dunque come opera del demonio. Ma possiamo anche interpretarla da un punto di vista assolutamente concettuale, dal punto di vista, insomma, dell’etica laica e constatare come i confini tra giusto e sbagliato si siano indubbiamente assottigliati e fusi in un enorme zona grigia in cui diventa sempre più difficile districare verità assolute.
Sia dal punto di vista cristiano che da quello laico, quindi, ci troviamo in un’attualità che ha perso punti di riferimento assoluti e che vive nella confusione concettuale del relativismo. Meccanismo che porta a confondere concetti come orgoglio nazionalistico con razzismo e odio o come libertà sessuale con perversione e ricerca della lussuria fine a se stessa. In un simile contesto non si ha più la capacità di riconoscere il limite del lecito, il che, se assolutizzato, ci porta a decretare la vittoria del male sul bene. Ponetevi adesso, anche se laici, con un meccanismo di astrazione in una prospettiva cristiana e pensate a come il diavolo viene rappresentato, ovvero come l’artefice dell’inganno morale e il mandante di ogni azione criminosa o immorale, ed ora rispondete ad una semplice domanda: il diavolo (simbolo di ogni male, perversione e comportamento illecito) non ha vinto nella società attuale?
Luca Scapatello
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