Sta destando proteste e indignazione l’ennesimo episodio di irruzione in chiesa da parte delle forze dell’ordine.
L’ultimo caso è quello di Gallignano, nel cremonese, cui il sacerdote, don Lino Viola, si è opposto con fermezza.
Al parroco e ai tredici fedeli è stata comminata una sanzione, 680 euro per il sacerdote e 280 per i fedeli presenti al rito, tredici per la precisione, in uno spazio di 300 metri quadri. Sei dei quali, assistenti del sacerdote (diacono, organista, chierichetti, un addetto alla trasmissione in streaming) e altri sei che si sono aggiunti nel corso del rito, celebrato per il loro defunti di cui una vittima proprio del coronavirus.
Don Lino: celebravo per i defunti da coronavirus
“Mi sono messo una mano sulla coscienza e non li ho cacciati”, ha spiegato don Lino. “Come potevo?”. Il sacerdote infatti, come raccontato nei giorni scorsi, all’irruzione dei carabinieri ha chiesto loro di uscire per notificare la sanzione fuori dalla chiesa, sul sagrato. “Ora non posso, stiamo pregando. Questo è abuso di potere“, sono le parole scandite con nitidezza dal sacerdote sull’altare ai carabinieri, risuonate in tutta la chiesa.
“Le sei persone in più che sono entrate, lo hanno fatto mentre mi stavo cambiando in sagrestia. Erano una famiglia che ricordava alcuni defunti in quella messa più una signora che aveva perso un parente per coronavirus due giorni prima. Non era umano farli uscire”, ha spiegato successivamente Don Lino.
Don Lino: è abuso di potere!
Ma i carabinieri, al rifiuto del sacerdote, hanno insistito, provando a passargli addirittura il sindaco al cellulare, con totale ignoranza del contesto. “Mai vista in ottant’anni una dissacrazione così. E al comandante ho detto: mandate in giro carabinieri che non hanno il rispetto per il sacro?”, commenta esterrefatto il parroco.
La Costituzione italiana ed i Concordati tra Stati e Chiese prevedono infatti regole del tutto speciale per l’esercizio della propria fede, un bisogno costitutivo dell’essere umano fin dall’alba dei tempi, molto prima della nascita persino del diritto romano.
Dov’è il rispetto per il sacro?
L’articolo 7 della Costituzione italiana afferma che lo Stato e la Chiesa cattolica “indipendenti e sovrani”. L’articolo 19 sempre della Costituzione afferma che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume“.
Le violazioni di questi articoli costituzionali sono puniti dall’articolo 405 del Codice penale, in cui si stabilisce che “chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni“.
Ecco perché la legge dice che il carabiniere ha sbagliato
Nel Concordato tra Italia e Santa Sede, inoltre, all’articolo 5-2 si indica chiaramente che “salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica”. Per urgente necessità si intende un pericolo immediato di vita e non la notifica di una sanzione amministrativa, come richiesto dal decreto relativo al coronavirus, che poteva quindi essere fatta, come chiesto invece dal sacerdote, fuori dalla chiesa.
Negli Accordi di Villa Madama del 1985, detti Nuovo concordato, in cui venne siglato tra Stato e la Chiesa un trattato internazionale gerarchicamente parificabile alla Costituzione e sovraordinato alla legge e agli atti amministrativi governativi, all’articolo 2 si afferma ancora che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare, è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica“.
L’umiliazione delle funzione religiosa
Non bastasse, i due carabinieri hanno anche, purtroppo, umiliato anche la sacralità della funzione che era in diretta streaming sul web. Uno sgarbo, quindi, anche etico. Rispetto a cui però i carabinieri, secondo il Codice penale italiano, dovrebbero rischiare due anni di reclusione per turbatio sacrorum. Insomma, se c’è stato reato, non riguarda il sacerdote. A questo proposito, il deputato e critico d’arte Vittorio Sgarbi ha promesso all’interno di un video che darà luogo a un’interrogazione parlamentare.
In ogni caso, proprio per queste motivazioni la reazione di don Lino è stata granitica. “Ho detto a tutti di non pagare al massimo ci penserà la parrocchia, Sono convinto di non avere creato assembramenti, parlerò con il prefetto e voglio rivolgermi a un avvocato per capire se non ci sia stato un possibile abuso di potere. Ho detto agli uomini dell’Arma che potevano fare i verbali sul sagrato, ma non in chiesa”.
Lo Stato non può esercitare il suo potere sulla Chiesa
Il punto infatti, è proprio questo: è più che possibile che i carabinieri abbiano commesso un abuso di potere. Non è consentito che a un ministero dello Stato venga concesso l’esercizio di un potere all’interno di un contesto in cui non hanno potere. Un governo non può interrompere una celebrazione religiosa se non in caso di emergenza, come indicato nel Concordato tra Stato e Chiesa.
E la constatazione dell’emergenza dovrebbe essere bilaterale, e non unilaterale, caso in cui potrebbe diventare anche pretestuosa. In quel caso, il decreto governativo andrebbe trascritto dalla chiesa in un proprio atto regolativo. Tuttavia, è anche vero che la Conferenza episcopale italiana si è adeguata ai diversi decreti del Presidente del Consiglio, invitando i sacerdoti a non celebrare funzioni pubbliche.
Un “vulnus” ai trattati concordatari tra Stato e Chiesa
Ma alla luce di ciò, se il sacerdote ha commesso un errore lo ha fatto verso la Chiesa e i suoi vescovi, e al limite sono loro gli unici che possono prendere provvedimenti. A prescindere poi dal fatto che, anche in questo caso, la chiusura degli edifici di culto andrebbe trattata bilateralmente in ottica concordataria, a cui oggi si è in sostanza inferto un “vulnus”, come sostengono diversi ecclesiastici accademici.
La diocesi di Cremona, tuttavia, ha preso le distanze dal sacerdote, che però è stato in seguito difeso con un tweet dal cardinale Angelo Becciu, già sostituto della segreteria di Stato della Santa Sede e oggi prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. “A un sacerdote esterrefatto per quanto accaduto a un confratello nella diocesi di Cremona ho detto: deve essere difeso il principio che a nessuna autorità è consentito di interrompere la messa”, ha scritto Becciu. “Se il celebrante è reo di qualche infrazione sia ripreso dopo, non durante!”.
La difesa di Don Lino del Cardinale Becciu
Ma i casi in cui si sono verificati violazioni di questo tipo sono più che numerosi: Rocca Imperiale, Cerveteri, Sulmona, Cassano d’Adda, Giulianova, Formia, Frascati, Brescia, Verona, Sassari, Livorno, Lecce, Sanremo.
“È rispetto questo? Un carabiniere che interrompe una messa arrivando sull’altare? In una chiesa di 350 metri quadrati con dentro 13 persone sei delle quali piangono un defunto? Dove siamo, nella Russia sovietica?”, si chiede ancora Don Lino. “Per adesso non pago. Prima scriverò al prefetto perché le modalità usate dai carabinieri sono inaccettabili e si deve sapere. Tra l’altro c’è un filmato che documenta tutti i fatti sul web”.
Irruzioni rozze e ingiustificate in chiesa
Non si tratta di andare contro alle decisioni prese dal governo in materia di coronavirus, per la tutela della salute pubblica, ovviamente sacrosanta, visto quanto sta succedendo. Ma si tratta di sottolineare il fatto che quelle che si sono verificate sono vere e proprie irruzioni rozze e ingiustificate, da parte delle forze dell’ordine: una volta la municipale, un’altra i carabinieri, un’altra ancora la protezione civile. Che hanno mancato di rispetto alla celebrazione, ai fedeli e anche all’onore del patto solenne celebrato tra Stato e Chiesa.
Il carabiniere che non è a conoscenza di questi presupposti è in difetto, e nel momento in cui entra un luogo di culto deve conoscere tutto ciò che afferma la legge a cui è sottoposto. Altrimenti l’intervento diventa arbitrario e frutto di ignoranza, facendoci sprofondare nell’anarchia più totale, o in caso peggiore in uno stato di Polizia.
La speranza è che finisca quest’ingerenza nella vita della chiesa
La speranza è quindi che presto si metta a fine all’ingerenza del governo nella vita della chiesa, considerata ma molti come intollerabile, illegale e incostituzionale. E a questo clima da regime ditattoriale, in cui si parla di blitz armati e sacerdoti clandestini.
Stabilendo modalità adeguate, che prevedano rispetto per la fede cristiana che si esprime nelle funzioni religiose, e informando in maniera chiara le persone deposte a farle rispettare.
Giovanni Bernardi
Segui tutte le nostre News anche attraverso il nuovo servizio di Google News, CLICCA QUI