«Bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo». A dirlo in un’intervista è il card. Camillo Ruini, leader della “cordata conservatrice” in Curia, secondo le superficiali etichette mediatiche.
A chi sta dando del “cieco” il grande collaboratore di Papa Wojtyla e di Benedetto XVI? Ai cosiddetti stalker di Papa Francesco, il gruppetto di cattolici («si professano cattolici», direbbe il Papa) che da due anni ha intrapreso una battaglia quotidiana contro il Pontefice, minacciando scismi, annunciando catastrofi, recitando l’Apocalisse, coinvolgendo la massoneria, sbrodolando fiumi di profezie dell’Antico Testamento, sforzandosi di interpretare messaggi di qualche mistico o mistica piegandoli senza pietà alla realtà attuale. Molti li definiscono “tradizionalisti”, noi preferiamo “socciani”, in onore del loro “riferimento spirituale” Antonio Socci.
Giusto qualche esempio. La riflessione più matura dell’ultimo periodo del giornalista di Libero (quotidiano del famoso titolo ben poco evangelico “Bastardi islamici”, da cui Socci non ha ancora preso le distanze) è stata sciorinare un lenzuolo di profezie, tagliandole e incollandole a piacere le une alle altre per sostenere che l’Islam distruggerà Roma e il Vaticano. Una performance onestamente imbarazzante, malamente derisa dai suoi colleghi giornalisti (anche qui). Dello stesso livello l’articolo di due giorni fa dove ha messo in bocca a Francesco una frase virgolettata che non ha mai detto: «La Chiesa non adori la “santa tangente”». Così lo ha accusato di «sputtanare pubblicamente» vescovi e cardinali di corruzione, sospettandoli di pagare tangenti. Lo avrebbe fatto, secondo l’intellettuale di Libero perché «vuole vendicarsi di essere stato messo in minoranza in ben due Sinodi e non aver potuto imporre» la comunione ai divorziati e le nozze gay. «Così adesso la fa pagare al mondo ecclesiastico». Ognuno può percepire da solo il livello delle critiche che deve subire il Papa, acriticamente riprese dai socciani su Facebook. Se si legge il testo dell’omelia, il Papa mette semplicemente in guardia la Chiesa a non cadere nella mondanità, cioè nel fascino del potere e del denaro, ricordando quando gli scribi e i farisei vennero redarguiti da Gesù perché adoravano la “santa tangente”.
Sintomatico il pensiero di chi osserva tutto questo dall’esterno, come Giuseppe Caldarola, ex direttore dell’Unità: «Sono abbastanza stupito e scandalizzato dal modo in cui ferventi cattolici trattano papa Francesco. Chi ha la ventura e la pazienza di leggersi le omelie su “Libero” di Antonio Socci, ispirato, e sempre sudato, giornalista diventato dirigente Rai nei primi anni del centrodestra al potere, scoprirà che siamo passati, nel giro di pochi mesi, da una avversione quasi epidermica verso il papa argentino all’organizzazione, ovvero al tentativo di organizzare un movimento anti-papale. Quel che il suo linguaggio, in politica diremmo “stalinista”, sembra evocare è uno scisma della “parte cattolica” contro la “parte non cattolica”. Uomini e donne che invitano i fedeli alla dottrina e all’obbedienza si mettono alla testa di una rivolta che dovrebbe concludersi con la cacciata dell’infedele, in questo caso il buon Francesco».
Eppure molte delle persone che i socciani chiamano abitualmente in causa per contrapporli a Francesco sono i primi sostenitori del suo pontificato. L’ultimo esempio è proprio quello del card. Camillo Ruini: «Non ho difficoltà a riconoscere che tra papa Francesco e i suoi predecessori più vicini ci sono differenze, anche notevoli», ha affermato recentemente. «Io ho collaborato per vent’anni con Giovanni Paolo II, poi più brevemente con papa Benedetto: è naturale che condivida la loro sensibilità. Ma vorrei aggiungere alcune cose. Gli elementi di continuità sono molto più grandi e importanti delle differenze. E fin da quando ero uno studente liceale ho imparato a vedere nel Papa prima la missione di successore di Pietro, e solo dopo la singola persona; e ad aderire con il cuore, oltre che con le parole e le azioni, al Papa così inteso. Quando Giovanni XXIII è succeduto a Pio XII, i cambiamenti non sono stati meno grandi; ma già allora il mio atteggiamento fu questo. Bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».
E’ la testimonianza di un vero cattolico, che non pone i suoi pensieri e i suoi ragionamenti prima della fede, della fiducia nel successore di Pietro, che prega di riuscire a chiarire gli eventuali dubbi e perplessità che ha, senza dare scandalo e minare la fede altrui. Il card. Ruini, inoltre, ha condiviso apertamente il documento di riforma del processo canonico sulle dichiarazioni di nullità del matrimonio presentato da Papa Francesco, affermando che la «decisione di papa Francesco, che molti di noi —me compreso —auspicavano, non ha niente a che fare con» il “divorzio cattolico”, come invece sostenuto da alcuni antipapisti.
Ricordiamo anche le parole di Benedetto XVI («Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiere»), oppure gli interventi pubblici (almeno tre) del segretario personale del Papa emerito, mons. Georg Gänswein, a sostegno di Papa Francesco e contro i suoi critici (chi dubita di Bergoglio, ha affermato «ha poco senso della Chiesa»). Ricordiamo anche l’intervento del ratzingeriano Vittorio Messori, quando ricordò che -anche in presenza di legittime perplessità- «capo unico e vero della Chiesa è quel Cristo onnipotente e onnisciente che sa un po’ meglio di noi quale sia la scelta migliore, quanto al suo temporaneo rappresentante terreno. E a chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta – a voce e per iscritto – dell’attività di Francesco da parte di quel “Papa emerito” pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?». Lo stesso nuovo pupillo dei socciani, il guineano card. Robert Sarah (la cui caratteristica principale, secondo Antonio Socci, è «l’assoluta fedeltà alla dottrina della Chiesa»), ha affermato: «cosa pensare di un figlio o di una figlia che critica pubblicamente il padre o la madre? Come potrebbe la gente rispettare quella persona? Il Papa è nostro padre. Gli dobbiamo rispetto, affetto e fiducia (anche se le critiche non sembrano dargli fastidio). Per via di certi scritti o di certe dichiarazioni, alcuni potrebbero avere l’impressione che egli potrebbe non rispettare la dottrina. Personalmente, ho piena fiducia in lui ed esorto ogni cristiano a fare lo stesso». Proprio ieri il card. Sarah, presentando il suo bellissimo libro “Dio o niente” ha parlato del prossimo viaggio di Francesco in Uganda: «la sua visita sarà un incoraggiamento per tutta l’Africa a restare fedele a Cristo».
La redazione
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