Di fronte ai tantissimi casi di femminicidi e di violenza inaudita e ripetuta su tante donne, ci si interroga su come possa esser diffuso un messaggio che faccia comprendere, ai giovani in crescita, come agli adulti, la gravità di certi fatti.
Si cerca la maniera di diffondere per una sorta di ri-educazione alla sensibilità e al rispetto, perché si annienti la crudeltà di certi atteggiamenti maschilisti e si smorzino sul nascere.
Dopo un “giro” tra gli studenti delle scuole romane, il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, segnala che “Il cambio di cultura deve avvenire tra i giovani. Devono lasciare le chat e riscoprire le relazioni”.
“(…) Quando sono innamorati, la relazione normale avviene attraverso i messaggi con lo smartphone, con relazioni fredde. Bisogna insegnare ai ragazzi la tenerezza, che fa parte dell’eros, e i sentimenti, perché non vivano solo il possesso. Fino a qualche anno fa, nella relazione interpersonale tradizionale c’era contatto di sguardi, di colori, di odori. Oggi la relazione avviene nelle chat. È il problema del transumanesimo. Non serve l’educazione sessuale perché i ragazzi sanno già tutto. Serve un’educazione culturale, non solo psicologica. Uno dei prodromi del femminicidio è il non essere mai capace di considerare l’altro come un pianeta a sé, che ha una sua autonomia, e non una cosa da possedere.”.
Probabilmente anche i Social Network hanno contribuito ad una sorta di robotizzazione dei sentimenti, annullando la ricerca dell’umanità dell’altro e rendendo le relazioni un momento di sfida per accaparrarsi l’attenzione della persona desiderata, anziché di incontro tra due anime che vogliono regalarsi a vicenda.
La cosa che più atterrisce, leggendo i dati e le statistiche sugli eventi tragici accaduti alle donne solo durante gli ultimi mesi, è che ogni atto è compiuto per annientarle o per minare per sempre la loro dignità di persona.
“Il livello di omicidi in Italia è tra i più bassi del mondo, ma è tra i più alti, invece, il livello dei femminicidi. Significa che all’origine c’è un elemento culturale, legato al maschilismo e a una società che considerava la donna come un essere inferiore. Ricordiamoci poi che solo negli Anni 80 in Italia è stato abolito il delitto d’onore.”.
Se ne parla così tanto, ma ancora non si riesce a definire una reale parità dei sessi. Ed è forse questo a far aumentare i casi di femminicidi, il fatto che molti uomini si sentano minacciati (a tutt’oggi) dal riscatto sociale che le donne hanno messo in moto negli ultimi decenni, dalla presa di coscienza di valere tanto quanto il sesso forte.
“Già Martin Buber osservava che esistono due tipi di relazioni: quella “io-tu” e quella “io-esso”. (…) Nel femminicidio il maschio considera la donna, il suo “esso”, non vuole che qualcuno gli strappi ciò che considera un suo possesso. È la “cosificazione” della persona, ridotta a oggetto.”.
Ed è anche, con ogni probabilità, in punto nevralgico della piaga sociale che stiamo vivendo, l’insana smania di ipotizzare che l’altra, la donna, possa diventare un essere asservito alla volontà dell’uomo, che si arroga il diritto di “governare” la relazione come un podestà.