Se la tendenza del calo di vocazioni dovesse proseguire, in futuro ci sarà il problema della mancanza di preti. Questo chiama a un maggior impegno dei laici.
La carenza di clero però potrebbe portare a una maggiore valorizzazione del ruolo dei laici nelle parrocchie. Per questo, serviranno uomini e donne sempre più formati ai valori della fede, e che siano in grado di esercitare una cura pastorale all’interno delle parrocchie, con un ruolo attivo nelle comunità.
La carenza di clero porta alla necessità di ripensare le parrocchie?
Ci sono ambiti particolari che infatti richiedono grande attenzione e allo stesso tempo una forte preparazione. Come ad esempio la realtà dei giovani o quella delle famiglie. La Congregazione per il clero ha infatti di recente pubblicato un’importante istruzione in cui affronta il tema della “formazione dei formatori per la pastorale”.
In alcune università, come la Facoltà teologica del Triveneto, esistono già dei corsi di formazione che si promettono di affrontare la specifica tematica. Quella cioè di supportare la ministerialità laicale, attraverso moduli specifici che sono anche fruibili online.
Una proposta formativa per la “ministerialità” dei laici
Una proposta formativa del tutto interessante e di certo nuova. Guidata dal neo-preside e direttore del ciclo di licenza don Andrea Toniolo, che ha spiegato in un’intervista quale sarà, nello specifico, il ruolo del laico. “Il laico è chiamato a vivere la sua fede cristiana negli ambienti di vita che quotidianamente abita”, spiega.
“Famiglia, lavoro, politica, società civile: è qui che egli esprime la sua vocazione ed è qui che primariamente esercita quella che chiamiamo corresponsabilità battesimale”. La testimonianza cristiana richiede infatti da sempre l’impegno per la trasmissione della fede. Tutti i fedeli dovrebbero impegnarsi in questo.
Raccogliere l’invito di Papa Francesco verso una Chiesa missionaria
Papa Francesco più volte ha invitato la Chiesa ad “uscire”, a diventare cioè missionaria, e ad annunciare la fede a tutti e in ogni ambito della società. Tanto da diventare uno dei temi fondanti del suo pontificato. La sfida della diminuzione del clero richiede quindi di andare ancora più a fondo in quest’aspetto. E i numeri, purtroppo, non sono dei più incoraggianti.
Negli ultimi trent’anni, in Italia il numero dei sacerdoti si è ridotto in maniera significativa, del sessanta per cento. Al nord la situazione è ancor più critica, con l’età media dei sacerdoti che si aggira sui sessantuno anni. Per questo religiosi e laici hanno bisogno di confrontarsi su quelli che potrebbero essere i modelli attraverso i quali affrontare, in futuro, questo stato di necessità.
Le attività pastorali in cui i laici sono già ampiamente impegnati
Per quanto riguarda le attività pastorali, c’è da dire che i laici sono certamente già ampiamente impegnati e valorizzati. Ci sono educatori e accompagnatori che svolgono in pieni il loro ruolo di catechisti. Senza pensare poi ai lettori, gli animatori, i musicisti. O tutte le persone che sono ogni giorno impegnati a mantenere le chiese sicure, pulite, ordinate.
Dalla porta della carità, infatti, passa ogni giorno un impegno dei laici non indifferente. Ognuno con il proprio ruolo, le proprie capacità e il proprio carisma. E il proprio impegno, spesso non facile in termini di tempo, rispetto al bisogno di conciliare lavoro, famiglia, e impegno in parrocchia.
La necessità di dare vita, già da oggi, a una formazione per i laici
Già da qui si origina l’idea di mettere in piedi un contesto di formazione per i laici. Che in futuro potrebbe tornare comodo anche in altre modalità. E per il quale “è necessario prendere sul serio due dati di fatto”, spiega a Settimana News don Andrea.
“Da tempo non si nasce e non si cresce più in contesto di cristianesimo diffuso”. Per questo, “la formazione deve avere i tratti di una nuova evangelizzazione, deve favorire l’incontro con Cristo e la sua Chiesa, senza darlo per scontato”. Poi va considerato il fatto che, visto che “la carenza di presbiteri è strutturale”, “cercare soluzioni per compensare questa mancanza o sperare di invertire la tendenza rischia di essere una perdita di tempo”.
Quindi, “è necessario attrezzarsi per formare figure che partecipino all’esercizio della cura pastorale delle comunità parrocchiali”. C’è bisogno cioè, come si spiega anche all’interno dell’istruzione vaticana, “di persone, uomini e donne, che non sostituiscono le comunità cristiane nell’evangelizzazione e nella vita pastorale, ma le animano, le accompagnano, prendendosi cura soprattutto degli ambiti che chiedono maggiori competenze e attenzioni, come la realtà giovanile e familiare”.
Giovanni Bernardi