Si tratta di una questione delicata su cui la Chiesa si è già espressa in modo chiaro e in diverse occasioni.
Sempre più spesso è oggetto di discussione la conservazione delle ceneri dei defunti in casa, anche con pratiche a dir poco discutibili.
Difficile infatti aspettarsi che la Chiesa possa dare la sua benedizione a una pratica che, pur non rivestendo il carattere di dogma, considera inappropriata, con tuttavia dei distinguo riguardanti i diversi contesti in cui viene espressa.
La legge italiana consente di conservare le ceneri dei defunti in casa, eppure non tutto ciò che è consentito è altrettanto sempre buono e giusto. Non ci si può aspettare che la Chiesa dia la sua benedizione a una pratica solamente per la ragione che lo Stato non prescrive alcuna sanzione verso di essa.
Ceneri dei morti in mare o conservate in casa: cosa dice la Chiesa?
Sempre più spesso si sente affermare, anche da famiglie di battezzati cattolici, che uno dei propri parenti defunti aveva espresso il desiderio di essere cremato dopo la celebrazione della Messa funebre, e che ad esempio le stesse ceneri vengano conservate in casa. Di fronte a un desiderio espresso da una persona defunta, inoltre, si fa fatica ad opporvisi.
La legge italiana inoltre afferma che ciò è possibile a condizione che le ceneri siano registrate e che il luogo di conservazione sia chiaramente indicato. Come anche in in caso di trasferimento, si richiedere che questo debba essere comunicato alle autorità. La Chiesa cattolica italiana tuttavia non prevede di conservare le ceneri del defunto in casa, seppure con particolari eccezioni.
La posizione della Congregazione per la Dottrina della Fede
La Conferenza episcopale italiana si è infatti trovata all’inizio del nuovo millennio di fronte a una situazione del tutto inedita per il nostro Paese, in particolare a seguito della permissione introdotto con la la legge civile che, a partire dal 2001, prevede questa possibilità. Così la Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato un documento intitolato Ad resurgendum cum Christo, circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione.
In questo si spiega che “l’inumazione, ovvero la sepoltura in terra (ma si deve intendere anche la tumulazione, ovvero la collocazione della salma in un sepolcro in muratura) è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale”, spiega su Toscana Oggi il teologo don Gianni Cioli.
Nonostante ciò, la Chiesa non vieta tout court la cremazione, a patto però che “questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”. In caso cioè che “ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione”, accade che “la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi”. Tuttavia, ciò che non viene consentito è “la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica”.
Anche qui, a patto che non sussistano “circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale”. In quel caso, afferma la la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, “l’Ordinario, in accordo con la Conferenza episcopale o il Sinodo dei vescovi delle Chiese Orientali, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica”.
Il parere del teologo
“Questo può risultare per certi versi una novità, ma per altri può apparire in continuità e analogia con l’usanza, peraltro rara e legata a privilegi o consuetudini, di seppellire in cappelle private collegate ad abitazioni”, commenta don Gianni Cioli. “Le ceneri, insomma, andrebbero di norma conservate al cimitero, o comunque in un luogo sacro, salvo circostanze del tutto eccezionali e subordinatamente al discernimento e al giudizio del vescovo”.
È invece assoluto il divieto della pratica di disperdere le ceneri, o la ancora più aberrante trasformazione delle ceneri dei defunti in diamanti, come purtroppo oggi accade grazie all’ausilio di particolari tecnologie. “Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione”, è quanto afferma la Congregazione.
Di conseguenza, si tratta di una pratica consentita solo nei casi più gravi ed eccezionali, e soprattutto che dipendono da condizioni culturali di carattere locale. “Comprendo la difficoltà di coloro che possano sentirsi per così dire stretti fra due fuochi, ovvero fra le volontà lasciate dal loro congiunto defunto e le disposizioni proibitive della Chiesa. Ma non si può pretendere che la Chiesa conceda la propria benedizione a una prassi che giudica inopportuna e di cui, quindi, non intende avallare la diffusione, pur non prevedendo sanzioni di sorta e per quanto non si tratti evidentemente di un dogma”, conclude quindi don Gianni.
“Nella sensibilità cristiana, la sepoltura tradizionale delle salme, che va estesa per analogia anche alle urne cinerarie, presso i cimiteri o nelle chiese, è stata fin dalle origini espressione del rispetto dovuto al corpo, del distacco ma anche del permanente legame fra vivi e defunti, della memoria amorevole dei morti nei vivi“. Ragion per cui, “le nuove prassi funerarie della dispersione e della conservazione privata delle ceneri sembrano inadeguate a esprimere tutto ciò”.