Come nasce una vocazione? Spesso da un’esigenza d’amore, che soltanto Gesù Cristo può colmare. Così è stato anche per un prete diventato particolarmente noto negli ultimi due anni.
Il rapper e il sacerdote. Entrambi “influencer” ed entrambi particolarmente amati dai giovani, sia pure in modi e misure diverse. Quella di Fedez e di don Alberto Ravagnani è la storia di un mancato sodalizio.
Alcuni lo stimano profondamente, altri rimangono perplessi sul suo conto. Potrà piacere o meno il suo modo di fare evangelizzazione. In ogni caso, va riconosciuta a don Alberto Ravagnani una straordinaria capacità di utilizzo delle piattaforme social. I numeri parlano da soli: 139mila followers su Instagram, 92mila su TikTok, 146mila iscritti al canale YouTube.
Sullo sfondo, però, c’è soprattutto una vocazione al sacerdozio. Don Ravagnani si è sentito chiamato a una vita diversa all’età di 17 anni. “Volevo essere felice, come tanti adolescenti” ma “non mi sentivo amato”. Nel pieno di questo turbamento, durante una confessione, il giovane Ravagnani percepisce un giorno fortissimo l’amore di Dio dentro di lui: “Sono tornato a casa che ero un’altra persona”, racconta il sacerdote in una recente intervista al Corriere della Sera.
Durante la sua adolescenza, trascorsa molto in oratorio, Alberto aveva avvertito l’esigenza di “trovare un amico vero” e relazioni che non fossero superficiali, non “semplici compagni con cui uscire la sera”. A quell’età, si era anche innamorato di una ragazza, probabilmente non corrisposto, salvo poi scoprirsi “più innamorato dei miei compagni innamorati”: innamorato di Gesù…
Alberto vive le prime battute di quella sua vocazione in modo un po’ naif: “Ho iniziato a pregare, senza sapere come si facesse”, né, ammette, sapeva “niente di Gesù”. La novità era tale e talmente importante che “pregavo di nascosto, anche da mio fratello Pietro, più piccolo”.
Quando poi, finalmente, Alberto rivela in famiglia la decisione di entrare in seminario, i genitori la prendono malissimo e giudicano la sua una “scelta folle”. Ravagnani è stato ordinato presbitero nel 2018, dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini. “Ho lasciato tutto – racconta – la mia vita si è come riavvolta. Oggi incontro i miei compagni di classe e mi rendo conto di essere uno dei pochi ‘sistemati’”.
Don Ravagnani non è diventato una “star” di Instagram e TikTok da subito. Il primo lockdown lo ha costretto a reinventarsi per rimanere in contatto con i ragazzi del suo oratorio. Dopo aver realizzato un video sul tema A cosa serve pregare, il sacerdote ambrosiano non si è più fermato, iniziando a produrre quotidianamente.
“Ho raggiunto migliaia di persone – racconta – e capito che i social sono uno strumento utile per fare quello di cui mi occupo tutti i giorni: parlare di Dio. Non significa mondanizzarsi cambiare il linguaggio che usiamo per raggiungere i giovani”.
Don Alberto ritiene il seguente il passo evangelico che più lo rappresenta: “Non c’è amore più grande che dare vita per i propri amici” (Gv. 15,13). Spesso, afferma il sacerdote, i giovani vedono da parte della Chiesa soltanto dei “no”, quando la loro principale esigenza è “sentirsi amati”.
Dopo l’adolescenza, molti non vanno più in chiesa, perché la crisi di fede che spesso si vive a quell’età “non è accompagnata”, mentre molti ragazzi, diventando adulti, “si sentono inadeguati” e, “forse in modo infantile”, vedono la messa come “qualcosa da fare”. A volte, aggiunge don Alberto, “l’iniziazione cristiana si riduce spesso a una serie di informazioni, scolastiche, in attesa dei sacramenti”, non viene vissuta come “un momento di incontro con Dio”.
Parlando del recente documento vaticano che rilancia la castità, don Ravagnani ammonisce a non considerarla banalmente come “astinenza sessuale” ma come “modo di vivere, al pari di povertà e obbedienza”. Si tratta, aggiunge, di “vedere l’altro come persona”, evitando il “possesso”. La castità, sostiene don Ravagnani, “non è legata solo a sessualità, ma ai rapporti che costruiamo: è saper bilanciare ragione e passioni”.
Di don Ravagnani erano note anche le sue interlocuzioni, sempre a mezzo social, con Fedez. Poi un giorno l’artista ha bloccato il sacerdote “senza spiegazioni e senza avvisarmi”. In seguito, Fedez lo avrebbe accusato di averlo “tartassato” di messaggi ma Ravagnani ha negato la cosa.
“Mi sono interrogato sul senso del gesto – ha affermato il sacerdote – come personaggi pubblici, l’impossibilità di poter interagire è una forma di censura. Ha deciso di tenere chiusa la porta per evitare di continuare ad avere confronti con me”.
Il sacerdote ambrosiano conclude l’intervista sempre nel segno dell’amicizia: una persona di cui attualmente si fida molto è “Chiara”, una “suora salesiana quasi coetanea, amica e sorella, con la quale collaboriamo”.
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