In ricordo di Charlie Gard, che proprio il 4 Agosto avrebbe compiuto il suo secondo anno di vita, vogliamo raccontare la storia di un altro genitore che, imponendosi ai medici, è riuscito a difendere il figlio dall’eutanasia.
Certo, i casi sono diversi. Charlie Gard -ricordiamolo- era un neonato, che si aggrappava con tutte le sue forze alla vita. Legato ad un respiratore, attendeva la sentenza della Corte
Europea dei Diritti Umani, dopo che le Corti inglesi avevano, a più appelli, sentenziato, per il piccolo, la buona morte.
A difenderlo, ma senza successo, c’erano i suoi genitori, Connie e Chris, insieme a tutta quella parte del mondo che voleva sperare.
Al Great Ormond Street Hospital di Londra, invece, i medici ritenevano che la sua rara malattia genetica, che determinava un progressivo indebolimento muscolare, doveva terminare li; non volevano nemmeno ipotizzare che Charlie potesse essere portato in Italia (come richiesto anche dall’ospedale Bambino Gesù di Roma) o negli USA, per essere sottoposto ad una cura sperimentale.
Il caso di Jonathan Michel, invece, parla di un adulto di 38 anni del Texas che, in seguito a una caduta, il mese scorso, è stato portato in ospedale con una grave ferita alla testa.
Quando i medici hanno scoperto che la ferita nascondeva un’emorragie interna e danni estesi al lato sinistro del cervello, stavano per staccarlo dal supporto vitale.
A quel punto, il padre Wren ha bloccato la porta della stanza: “Se lo scollegate, dovrete vedervela con me”.
Certo, sono due casi molti differenti quelli nel ricordo di Charlie Gard e quello recentissimo di Jonathan Michel, ma, in entrambe le situazioni, ci sono dei genitori che lottano, perché la buona morte non venga applicata, con tanta leggerezza, alla vita del loro figlio; per segnalare che non devono essere i medici -sterilizzati anche nei sentimenti- a decidere della vita o della morte di qualcuno.
Jonathan Michel non si è ancora risvegliato, ma potrebbe farlo e, fino ad allora, noi continueremo a sperare e a schierarci decisamente contro l’eutanasia.
Antonella Sanicanti
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