Un argomento delicato, su cui un sacerdote viene interrogato da un fedele, per comprendere come comportarsi in merito.
Qual è l’opinione della Chiesa su chi convive? E cosa loro possono fare all’interno delle attività pastorali, e per quanto concerne la celebrazione liturgica?
Una domanda specifica è stata posta da un fedele ad un sacerdote riguardo la condizione di chi convive.
Proclamare la Parola: tutti possono farlo?
Molti pensano che la Chiesa abbia una posizione netta circa . Sono infatti tante le domande che coloro che si trovano in questa situazione si pongono. Dalle pagine di Famiglia Cristiana, un fedele ha posto una domanda specifica in merito all’argomento “convivenza” fra due persone: “Può una separata convivente leggere in chiesa le letture?”.
La risposta del teologo è stata chiara ed esaustiva: “L’intera assemblea liturgica è chiamata a dare una corretta immagine di Chiesa e di cristiano. Il che coinvolge tutti i fedeli, e specialmente chi svolge un ministero”.
Le parole del sacerdote sono estremamente comprensive per chi si trova in questa particolare situazione di vita: “Non si tratta di essere perfetti. Nessuno lo è. Anzi, papa Francesco ha paragonato la Chiesa a un ospedale da campo dove i feriti sono curati senza fare troppe domande. Pertanto non si tratta affatto di giudicare le singole persone che stanno davanti a Dio con la propria e inviolabile coscienza”.
Fare scelta saggia per non destare scandalo
Scendendo nel dettaglio, però, il sacerdote spiega che non sempre la regolarità giuridica corrisponde a quella evangelica. “Si tratta piuttosto di non insinuare tra i fedeli dubbi sulla dottrina della Chiesa. Per questo la norma recita: «Il fedele laico chiamato a prestare il suo aiuto nelle celebrazioni liturgiche occorre che sia debitamente preparato e che si distingua per vita cristiana, fede, condotta…Non si scelga nessuno la cui designazione possa destare meraviglia tra di fedeli» (Redemptionis sacramentum 46)”.
La Chiesa è chiara in merito e sta a chi organizza la celebrazione liturgica orientarsi in questa maniera: “Spetta al responsabile della comunità, con tanta delicatezza e massima carità, e secondo le circostanze, fare una saggia scelta per non destare scandalo” – conclude il sacerdote.
E come ha ben detto il religioso, non si tratta di essere perfetti, perché nessuno lo è, perciò il cattolico ricorre al sacramento della Riconciliazione, ma una persona che si impegna nel servizio pastorale, non è bene che viva una condizione irregolare permanente, contraria all’insegnamento della Chiesa, questo creerebbe confusione e disorientamento tra i fedeli rispetto alla Dottrina che è invece chiara in merito.