È seguita da oltre 20 milioni di followers e ha espresso chiaramente le sue posizioni abortiste. Chiara Ferragni è anche una madre che, naturalmente, ama i suoi bambini. Come si conciliano le due cose?
È saltato agli occhi di molti con una risonanza, come avviene in questi casi, che ha suscitato polemiche e riflessioni.
Chiara Ferragni, nelle stories del suo seguitissimo profilo Instagram, in cui principalmente esercita il suo ruolo di indiscussa influencer, ha espresso il suo dissenso, a suo dire, sull’alto numero di medici obiettori di coscienza riguardo la pratica dell’aborto in tutte le regioni d’Italia tra cui le Marche.
Ha affermato: «Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano» esprimendo così un chiaro sdegno verso ciò che ritiene un ostacolo a quello che nell’ideologia abortista è considerato un diritto della donna.
Colpisce che proprio poco prima di pubblicare questa story erano state le foto dei suoi bellissimi figli ad esser mostrate ai suoi followers, trasmettendo la gioia di ogni mamma che vede i propri bambini crescere di giorno in giorno.
Quell’ideologia che cancella il nascituro
Sembra quasi un ossimoro: una mamma che ovviamente ama immensamente i suoi figli come può ritenere giusto l’aborto, sostenerlo e non riconoscere la sacralità della vita umana, avendo fatto lei stessa l’esperienza diretta e fisica di portare in grembo delle persone?
La riflessione parte dalla bellissima influencer ma non riguarda solo lei. Non è l’unica madre ad esser influenzata dall’ideologia che esalta la figura della donna dimenticando quella del nascituro.
Anzi peggio, non riconoscendo l’essere umano in via di formazione come persona dal momento del concepimento, al di là della stessa osservazione della realtà, di quanto si comprende con la semplice ragione.
Si vedono coesistere due elementi che appaiono contrastanti: l’amore indiscusso per i propri figli e il non riconoscerli persona fin dall’inizio della gravidanza.
La divinizzazione della volontà umana
Nella mentalità che accetta l’aborto i figli devono essere sempre voluti, desiderati e anche sani.
Ce la ritroviamo molto diffusa. Perfino nel linguaggio comune si usa l’espressione “fare un figlio”, come se lo si fabbricasse, come se fosse frutto di una propria decisione e della propria volontà.
Si pensa di essere non collaboratori di una creazione di Dio, ma creatori, produttori. Che un figlio si progetta, si programma, si fa e che deve essere bello, ma soprattutto sano.
Per l’ideologia di stampo abortista i figli devono essere voluti (peraltro, solo dalla donna, il padre è escluso da ogni decisione) e sani, altrimenti si eliminano.
Le ricadute sui figli dell’ideologia pro aborto
Nasce così un’altra riflessione: cosa provano, consapevolmente o anche solo a livello inconscio, i figli di madri pro aborto?
Apprendono di esser nati perché voluti e sani, e che in caso contrario probabilmente non sarebbero arrivati a nascere.
E a loro volta penseranno che funziona così, che questo sia ciò che bisogna credere: è quello che gli viene insegnato.
Sentiranno quindi di essere amati perché sono stati voluti e sono sani. Questo basta, o siamo tutti fatti per un amore, anche umano, più grande?
Quanto è più forte la gioia di sentirsi amati anche nel caso in cui non si fosse stati voluti, desiderati, programmati, e se non si fosse sani?
Donna incinta – Photo web source
Un altro modo di amare
Esiste un altro modo di amare, che non è limitato dall’esser frutto dei propri desideri e progetti, che non dipende dalla qualità della vita che una persona può avere e nemmeno dalla quantità, breve o lunga che sia.
Esiste tanta gente, tanti genitori che amano i figli e accolgono la vita che nasce indipendentemente dai propri programmi e anche in situazioni di grandi difficoltà, di malattia, di disabilità, di incompatibilità con la vita fisica, che può essere brevissima.
C’è chi riconosce che un figlio è dato, ricevuto, avuto in dono da Dio che lo ha creato, non prodotto, non fabbricato, non ottenuto.
È grande ed esiste un amore che cerca di somigliare, anche se come un lontano riflesso, a quello infinito di Dio, per Sua grazia.
E questo bisogna annunciarlo, perché il problema che più attanaglia la nostra società è non conoscere nemmeno un orizzonte diverso da quello propagandato su larga scala. Non sapere che c’è un’altra via, una visione diversa, possibile, che peraltro, ci realizza nel profondo.