Unioni prematrimoniali: di fronte alla volontà di uno dei due partner di vivere la castità, può capitare che l’altro non comprenda la scelta e la soffra.
Come comportarsi in queste situazioni, in particolare quando c’è di mezzo una convivenza? Talvolta, può anche capitare che il desiderio di uno dei membri della coppia di vivere un rapporto prematrimoniale in maniera cristiana avvenga nel momento in cui si intraprende una convivenza. Spesso, in seguito anche al compimento di un rapporto sessuale precedente.
In situazioni di questo tipo, nel momento in cui si intraprende una convivenza dopo avere già raggiunto in precedenza un’intimità di coppia, può anche capitare che uno dei due partner che si trova a dover sottostare alla scelta dell’altro, viva un senso di frustrazione e di scontento, quasi come se si fosse amici e coinquilini e non più una coppia come invece era in precedenza.
In questi casi, purtroppo, si è di fronte a un duplice errore. Innanzitutto, quello di avere consumato un’intimità sessuale prima di donarsi in maniera definitiva all’interno del matrimonio, senza essere cioè marito e moglie. Poi, nella scelta di andare a convivere, senza avere già messo in piedi un progetto di matrimonio.
La differenza infatti tra un rapporto sessuale pre-matrimoniale, e un altro che avviene nell’ambito del matrimonio, è abissale. Nel matrimonio, i due partner si donano l’un l’altro in maniera totale, senza tenere sulla per sé. Nel secondo caso, invece, l’unione è solo apparente. In realtà, infatti, non c’è una vera donazione reciproca, che avviene solamente dopo essersi giurati fedeltà davanti all’altare.
Mentre per quanto riguarda il tema della convivenza all’interno della Chiesa, vi si trova quindi una situazione ancora più complessa, di stato cioè di irregolarità. Che nel caso in cui la convivenza sia assodata e stabile, e non ci sia quindi volontà di cambiare vita, rendendo il rapporto fine a sé stesso e non all’unione nel matrimonio, preclude alla coppia anche la possibilità di confessarsi e di fare la Santa Comunione.
Evidentemente, nel momento in cui un partner decide di vivere in castità un’unione, è giusto che l’altro membro della coppia accetti la sua volontà e le sue ragioni. Ciò riguarda anche le coppie che sono unite solamente da nozze civili, ma non religiose. Senza il matrimonio, infatti, manca il fondamento più importante, ovvero la legittimazione dell’unione da parte del Signore, che rende la coppia una cosa unica e quindi una sola carne, in Cristo.
Vivere la propria unione in maniera cristiana, con la ferma decisione di non compromettersi con atti pre-matrimoniali, rappresenta una garanzia di solidità della famiglia che si verrà a formare e che dovrà essere custodita nella buona e nella cattiva sorte.
L’incapacità di comprendere questa scelta, da parte di uno dei due partner, denota invece, purtroppo, un ricurvamento su sé stesso che genere tristezza e frustrazione. E quindi incapacità di volare in alto, per comprendere la volontà di Dio e la bellezza che il Signore ha riservato a quegli stessi atti di intimità. Che se compiuti con purezza e pienezza all’interno del matrimonio sono una strada meravigliosa verso la vocazione all’amore di Dio.
Giovanni Bernardi
Fonte: amicidomenicani
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