In questa sede si considererà il rapporto tra Chiesa cattolica e comunismo: in altri interventi sono state fornite alcune indicazioni di massima sul complesso rapporto che ha visto da una parte la Chiesa cattolica e dall’altro una delle più feroci forme di totalitarismo del XX secolo, il nazionalsocialismo. È stato indispensabile un approfondimento – seppur minimo – della questione, che ha richiesto più trafiletti, visto che da più parti le posizioni della Chiesa in merito sono state misconosciute, confuse o mal interpretate, ed era indispensabile fare per quanto possibile un minimo di chiarezza.
Su questo argomento invece le questioni sono molto più chiare e lineari. Il comunismo è quella che si può definire di gran lunga la peggiore forma di totalitarismo del XX secolo, con un numero di morti, repressioni brutali, annichilimento di ogni forma di dignità umana senza pari. Le stime più prudenti ci dicono che dal 1923 al 1961 nei campi di concentramento sovietici hanno trovato la morte oltre due milioni e mezzo di persone, a cui vanno aggiunti quasi 800.000 condannati a morte per motivi politici e i circa 600.000 kulaki (i contadini) morti per la collettivizzazione (fonte wikipedia): 4 milioni di morti in tempo di pace e quasi trenta milioni di internati e prigionieri di vario tipo[1].
La Chiesa, ben prima che tutto questo avvenisse, aveva messo l’umanità in guardia: già nel 1846 (!) papa Pio IX nella sua enciclica Qui Pluribus definiva la dottrina «Che chiamano comunismo» come «nefanda e contraria allo stesso diritto naturale». Si tratta di indicazioni approfondite negli anni successivi rispettivamente nell’enciclica Nostis et Nobiscum (8 dicembre 1849) e nel Sillabo (8 dicembre 1864). Da notare che il primo pronunciamento precede la pubblicazione del volume cardine e fondamento del comunismo, il Manifesto del Partito Comunista del 1848 e gli altri sono comunque antecedenti a Il Capitale di K. Marx, pubblicato nel 1867. In questi documenti emerge la capacità profetica della Chiesa di capire in anticipo dove possono portare delle ideologie apparentemente sensibili alle esigenze dei più deboli, ma abominevoli nei loro reali contenuti, come poi si è dimostrato. Anche Leone XIII definiva il comunismo e il socialismo come “peste letale” nella sua enciclica Quod Apostolici Muneris del 28 dicembre 1878. Nella più nota Rerum Novarum del 1891 nasce quella che poi è stata definita la dottrina sociale della Chiesa, con cui il pontefice prendeva le giuste distanze dal comunismo ateo, che promuoveva una falsa uguaglianza fra gli uomini proprio perché basata su una visione senza Dio della realtà; e che oltretutto, promuovendo la lotta di classe, negando il diritto alla proprietà privata e stravolgendo la concezione tradizionale della famiglia, metteva a repentaglio le fondamenta stesse della società naturale. Va detto comunque che in questa enciclica il pontefice prende le distanze anche dal liberismo selvaggio, ed invita l’autorità pubblica ad un intervento attivo affinché vengano tutelati i diritti essenziali dei più deboli. Siamo nel pieno della seconda rivoluzione industriale, caratterizzata dall’esodo di milioni di persone dalle campagne alle città, con spesso un netto peggioramento delle loro condizioni di vita. È una fase storica in cui le chiese iniziano a svuotarsi, e la classe operaia abbandona in massa la religione per affidarsi alle promesse di nuovi predicatori che promettevano un paradiso non più trascendente ed escatologico, ma qui e ora. E infatti eccolo il paradiso: con la rivoluzione russa del 1917 inizia l’interminabile serie di massacri di sui sopra, proprio come la Chiesa aveva a suo modo previsto già da quasi un secolo. È Lenin che si pone a capo della rivoluzione, e considera la sua opera come la realizzazione delle promesse marxiste. I risultati? Esaltazione del dittatore, partito centralizzato e burocratizzato, rigida disciplina e spietata intimidazione, polizia segreta e campi di concentramento, propaganda e censura, indottrinamento dell’opinione pubblica, ostilità ad ogni forma di religione in ossequio al noto adagio marxista secondo cui “La religione è l’oppio dei popoli”: bisogna aggiungere altro?
Le chiese vennero quasi annientate, con centinaia di migliaia di persone sparite nel nulla solo perché “sospettate” di adesione ad una fede religiosa. In una lettera del 1920 circa, il sacerdote Leonid Fedorov scrive al vescovo di Leopoli:
«Per la Chiesa stanno tornando i tempi di Diocleziano. Non è una esagerazione, ma un dato di fatto […] Non avrei mai pensato che ci sarebbe stato chiesto di portare una croce tanto grande».
Da notare poi che, nell’immediato primo dopoguerra, (specie nel periodo 1919-1920, il cosiddetto “biennio rosso”) anche in Europa l’internazionale socialista tentò, tramite manifestazioni violente di piazza, di estendere la rivoluzione marxista ovunque: questo spiega perché, oltre che su un piano dottrinale, anche fattualmente il comunismo veniva visto dalla Chiesa cattolica come il male assoluto, peggio ancora dei regimi nazi-fascisti che anzi venivano concepiti come utili “dighe” al dilagare dei rivoluzionari “rossi”.
Questo spiega il perché di un’altra enciclica, la Divini Redemptoris di Pio XI, pubblicata ad appena una settimana di distanza della Mit brenneder Sorge dedicata invece al nazionalsocialismo. Nel giro di pochi giorni, la Chiesa interveniva così in maniera solenne e definitiva sui due totalitarismi criminali del XX secolo. Le cose non sono granché cambiate nel secondo dopoguerra: con il decreto del s. Uffizio del 1 luglio 1949 la Chiesa comminava la scomunica agli iscritti al partito comunista (decreto che seguiva di poco le storiche elezioni del 1948 in cui la Chiesa cattolica si spese allo stremo per la vittoria del suo partito di riferimento, la Democrazia Cristiana) e nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II il Vaticano ha generosamente finanziato l’attività sovversiva del sindacato anticomunista polacco Solidarnosc. Bisogna però dire che, specie a seguito del Vaticano II, alcuni aspetti della dottrina marxista sono stati recuperati anche da noti esponenti della Chiesa (senza fare nomi, diciamo che la parola cattocomunisti rende bene l’idea): infatti, negli ultimi decenni la contrapposizione si è pian piano affievolita, specie dopo il crollo del muro di Berlino.
Anzi ultimamente si assiste ad un recupero senza memoria (e senza senso storico) di Marx, come se le sue indicazioni potessero essere ben separate e distinte dalle conseguenze storiche che queste hanno determinato.
In tal senso un esempio è dato dal capo della ricchissima e potentissima conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo di Monaco e Frisinga Reinhold Marx, omonimo del filosofo: (lo stesso che con uno slogan potremmo sintetizzare con “Toccatemi tutto, ma non il mio 8%”)[2]. Ebbene il presule ha detto che «La dottrina sociale cattolica ha un significativo debito di riconoscenza nei confronti del padre della dottrina marxista». Non è dato sapere quali siano questi debiti, che ci sembrano provenire da ben altre fonti in primis il Vangelo; e poi non si capisce questa critica al capitalismo fatta da chi è a capo di una chiesa povera per i poveri a chiacchiere ma che poi siede su un patrimonio di almeno 26 miliardi di euro fra proprietà immobiliari e titoli[3]. Concludo con le parole scritte in merito da papa Francesco nella prefazione al volume scritto dal papa emerito Benedetto XVI su fede e politica, in cui si alternano considerazioni di entrambi:
«Il profondo contrasto [tra Cristianesimo e marxismo] è dato invece – e prima ancora che dalla pretesa marxista di collocare il cielo sulla terra, la redenzione dell’uomo nell’aldiquà – dalla differenza abissale che sussiste riguardo al come la redenzione debba avvenire:”La redenzione avviene per mezzo della liberazione da ogni dipendenza, oppure l’unica via che porta alla liberazione è la completa dipendenza dall’amore, dipendenza che sarebbe poi anche la vera libertà?»
Alessandro Laudadio
[1] Per chi ha voglia e tempo di approfondire l’argomento, si vedano fra gli altri Arcipelago Gulag di A. Solženicyn, e Il secolo del martirio di Andrea Riccardi .
[2] La Kirchensteuer, la tassa che ogni cattolico deve pagare e che ammonta a circa l’8% dei redditi. In altri interventi abbiamo potuto verificare come la chiesa tedesca, estremamente aperta e progressista pressoché su tutto, è invece su questo tema assolutamente granitica: chi non paga, è scomunicato!
[3] https://global.handelsblatt.com/finance/germanys-catholic-church-counts-its-many-financial-blessings-869499
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