Analizziamo oggi, a 300 anni dalla istituzione della prima loggia nel 1717, i rapporti tra Chiesa e Massoneria. Il passato 2017 sembra aver avuto la ventura di rammentare moltissimi anniversari storici ed essere perciò giustamente visto come un anno speciale, nel bene e nel male.
500 anni fa, con l’inizio della ribellione di Martin Lutero (1483-1546) contro il Papato, prendeva vita in un certo senso la storia dell’Europa moderna, e ciò all’insegna della divisione, della contrapposizione politica e religiosa, e della controversia teologica o filosofica (cf. Angela Pellicciari, Martin Lutero. Il lato oscuro di un rivoluzionario, Cantagalli, 2016). Chi ancora si ostina a parlare di secoli bui, per il millennio che ha preceduto la cosiddetta modernità occidentale, ignora o non tiene conto, che proprio con l’avvento dell’era novella sono aumentati, oltre che la cultura e la tecnica, anche i particolarismi politici e religiosi, e quindi, esponenzialmente, le violenze e la disunione, all’interno di ciò che per secoli fu la casa comune cristiana, la christianitas.
Ma nonostante l’abisso che separò fin da subito i riformati dal cattolicesimo romano, e il gran numero di paesi che coinvolse (come la Germania, la Svizzera, l’intera Scandinavia e la Gran Bretagna), rimanevano, soprattutto a livello popolare, delle tradizioni comuni e almeno un’etica religiosa di impianto cristiano.
La fondazione della Massoneria nel 1717, duecento anni dopo lo scisma di Lutero, diede il colpo di grazia alla divisione dell’Europa, inserendo ormai una nuova divisione, non più religiosa ma filosofica, nella storia politica e culturale del mondo intero. E questa nuova divisione, benché meno direttamente lacerante di quella della Riforma, ebbe poi degli esiti esiziali quando fu usata per far tabula rasa del comune passato cristiano, come avvenne senza ombra di dubbio, durante e dopo la Rivoluzione francese del 1789.
C’è qualcosa di indefinibile, di seducente e di oscuro nella Massoneria. Nei suoi 3 secoli di storia, nella sua ritualità, nella sua strana ideologia o filosofia, nei suoi scopi reconditi, nella sua interpretazione e perfino nella sua mimetizzazione. Sarà anche per questo che il tema massonico è oggetto di infiniti studi, saggi e ricerche, e divide in modo assolutamente trasversale l’opinione pubblica, la politica e gli stessi intellettuali.
Per la sua visione latamente “progressista” e sicuramente laica, ovvero aperta a tutte le religioni, essa fu tradizionalmente appoggiata dai più innovatori dei cittadini e dai politici più laicisti tra Otto e Novecento. E fu parimenti combattuta dai conservatori, dai nazionalisti e dalle chiese, in special modo, dalla Chiesa cattolica.
La prima condanna che essa ebbe da parte ecclesiastica fu quella del 1734 sotto Clemente XII; l’ultima censura, mitigata ma reale, è quella che sotto Giovanni Paolo II, confermò il card. Joseph Ratzinger, interpretando autorevolmente il canone 1374 del nuovo Codice di Diritto canonico (1983).
In effetti, nel Codice precedente, pubblicato nel 1917 da Benedetto XV, si menzionava esplicitamente la massoneria come associazione vietata e contraria alla Chiesa, con annessa scomunica ipso facto per i battezzati associati alle logge. Nel Codice vigente dal 1983, si parla in modo più vago, di “giusta pena” per chi “cospira contro la Chiesa”. Senza menzione della Massoneria. Ma il cardinal Ratzinger confermò che, malgrado l’assenza di menzione esplicita, “non cambia il giudizio negativo contro la massoneria, poiché i principi da questa perseguiti sono incompatibili con la dottrina della Chiesa” (AAS/76, 1984).
Questi principi sono evidentemente il relativismo dogmatico e morale, la segretezza dei membri, l’esoterismo massonico e la costante lotta anticristiana delle logge.
Oggi, però in un contesto così secolarizzato e laicista, in cui è la Chiesa quella ‘setta’ che certuni, potentissimi nella UE vorrebbero scomunicare e bandire, capita che certi giornali laici e a-cattolici, chiedano niente di meno che la soppressione della Gran Loggia!
Così, il settimanale L’Espresso (10 febbraio 2017), in un pregevole saggio di Gianfrancesco Turano, con il titolo inequivocabile di “Aboliamo la Massoneria”, faceva stato dei legami nefasti e insani tra logge, servizi segreti, magistratura e poteri forti.
Sebbene sia sempre esistita una critica marxista e di sinistra al pensiero massonico, si pensi al Mussolini socialista (che portò allo scioglimento della Massoneria italiana nel 1925), nessuna istituzione ha equiparato la Chiesa nella opposizione teorica e dottrinale alla Massoneria. E le condanne avute dalla Loggia si contano a centinaia nei tre secoli di scontro catto-massonico.
Ma cos’è che non andava a genio ai Sommi Pontefici nella massoneria e nella filosofia massonica, essa stessa frazionata in non minime distinzioni, differenze e contraddizioni interne?
Dallo studio dei principali documenti pontifici, dalla In eminenti di Clemente XII (1738) alla Humanum genus di Leone XIII (1884), emerge la disapprovazione del Magistero papale verso la segretezza massonica, la ritualità massonica (di tipo esoterico e magico), e soprattutto la visione politico-sociale assolutamente laica e a-religiosa, per non dire irreligiosa, specialmente nei paesi latini e cattolici. In effetti, la Gran Loggia inglese fondata dal pastore protestante Anderson del 1717, e diventata la madre delle logge del mondo intero, ebbe nelle Costituzione del 1738, una chiara dimensione neutra e sincretistica, pur rifiutando parimenti l’ateismo e il materialismo grossolano.
Secondo Leone XIII (1876-1903), forse il pontefice che in assoluto ha fulminato più condanne contro la Massoneria, la storia umana è fin dai primordi suddivisa in una lotta mortale tra “il regno di Dio” e “il regno di Satana”, i quali si combattono per il trionfo del bene o del male. “In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l’una contro l’altra con armi e combattimenti vari, benché non sempre con pari ardore ed impeto. Ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che (…) prende il nome di Società Massonica, pare che cospirino tutti insieme, e tentino le ultime prove” (enciclica Humanum genus del 20 aprile 1884).
Oggi, che la Chiesa stessa è minacciata dal relativismo e dall’omologazione culturale alla modernità, anche in rapporto alla massoneria si nota un cambio di approccio, portato avanti, con mille parole suadenti da teologi e prelati filo-massonici. Si pensi, per fare un esempio emblematico, al sacerdote-massone padre Rosario Esposito (1921-2007), e alla sua vasta opera di saggista, colma di titoli come “Le buone opere dei laicisti, degli anticlericali e dei framassoni” (1970), “Le grandi concordanze tra Chiesa e massoneria” (1987), “Santi e massoni al servizio dell’uomo” (1992), “Chiesa e massoneria: un DNA comune” (1999), etc.
Al contrario, il grande santo francescano Massimiliano Kolbe (1894-1941), giornalista, fondatore e martire della carità ad Auschwitz, dedicò la vita a denunciare la pericolosa filosofia della massoneria e i danni che essa avrebbe prodotto in Polonia e in tutta Europa, nel segno del relativismo, dell’edonismo e dello sradicamento. Nel 1919, poco dopo la rivoluzione bolscevica, chiedeva ai suoi frati della Milizia dell’Immacolata di pregare per la conversione di tutti coloro che diffondono il male, “e in modo particolare quelli che attualmente primeggiano nella diffusione del regno di satana, ossia i massoni” (Le conferenze di san Massimiliano Kolbe, Casa Mariana, 2014, pagina 41).
Antonio Fiori
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