“… se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.”.
Basterebbero questi pochi versetti per spiegare il grande dono che, ogni volta che si celebra una Messa, Gesù ci fa: ci mostra la via più semplice e immediata per ripulirci dalla condizione terrena e poco spirituale e trasformarci il più possibile a sua immagine.
La Santa Messa serve a questo, a commemorare il momento del sacrifico estremo del Signore, quello in cui letteralmente si fa cibo per la nostra vita eterna. Assistere alla celebrazione è quindi come aprire un canale tra terra e cielo, una via che lascia scorrere, tra noi e Dio, le offerte e i ringraziamenti, le preghiere e le invocazioni, perché il connubio si attui, con l’ausilio degli Angeli e dei Santi, con l’intercessione della Madonna, chiamati al rito e presenti, insieme a noi.
Tutto questo accade, indipendentemente dal numero dei fedeli partecipanti alla Messa, ovviamente.
Perciò, anche solo per se stesso, un sacerdote non dovrebbe mai “non celebrare”.
Dispiace e avvilisce pertanto sentire che Don Mario, parroco sull’isola di Sant’Erasmo, a Venezia, sia così scoraggiato dalla mancanza di presenza alle sue celebrazioni da rinunciare al dono eucaristico e apporre sulla porta della chiesa, che gestisce da oltre 15 anni, il cartello “La messa è sospesa per mancanza di fedeli. Don Mario è disponibile su richiesta.”.
Lui stesso racconta rassegnato: “A volte non ci sono più di due persone a messa, inutile tenere aperto.”. “Ormai va così. Non c’è più tanta gente che viene alle celebrazioni e, quindi, per evitare di restare io da solo sull’altare, ho messo l’avviso. D’inverno molto spesso non viene nessuno perché fa freddo, la gente si ammala e non esce di casa; una volta ci siamo trovati in tre. Insomma, celebrare così, non ha senso.”.
No, Don Mario, il senso c’è, eccome. I fedeli hanno bisogno soprattutto di vedere come la nostra devozione ci renda instancabili nel parlare di Cristo e nel portare avanti, nonostante tutto, il suo progetto su di noi. Mai dimenticare o sottovalutare che siamo noi il sale della terra e “… se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato …”.