Circa un anno fa, quando il caso relativo al prete pedofilo Karadima è scoppiato a livello mediatico, il Santo Padre aveva rifiutato le accuse dicendo per mezzo stampa di non avere prove di quanto accaduto e sostenendo che allo stato attuale delle cose si tratta di “Calunnie”. Questo perché papa Francesco era sicuro delle informazioni che gli erano giunte dal Cile e riteneva di potersi fidare dei suoi informatori. La perseveranza delle vittime nel far sì che la verità venisse a galla ha portato ad un incontro con il papa a Casa Santa Marta ed alla decisione di investigare ulteriormente.
Bergoglio ha mandato in Cile l’ex pubblico ministero del Vaticano Charles Scicluna ed il sacerdote Bartomeu, ciò che n’è venuto fuori è una realtà totalmente differente da quella che era stata prospettata al Santo Padre. Per questo motivo Papa Francesco aveva inviato nei giorni scorsi una lettera ai presuli cileni in cui richiedeva un incontro immediato ed in cui li accusava di una “mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate”. Un duro colpo per chi, come papa Francesco, ha fatto della lotta contro la corruzione all’interno della chiesa un vessillo. La decisione dei vescovi cileni di rimettere i loro incarichi al pontefice, però, dimostra come oggi non ci sia più impunità per nessuno, anche se la decisione del Vaticano di questi giorni di riservare una sepoltura in Santa Maria Maggiore all’arcivescovo Bernard Law (al centro dello scandalo pedofilia a Boston) stride non poco con il nuovo corso.
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