I “ Cinque passi al Mistero”, è un iniziativa portata avanti dalla Congregazione dell’Oratorio, che ha sede nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella.
La Congregazione nacque per volere di San Filippo Neri, vissuto tra il 1515 e il 1595.
I “Cinque passi al Mistero” è una catechesi riservata agli adulti, che comincia con una mezz’ora di introduzione all’argomento, dopo di che ogni partecipante scrive delle domanda o una riflessione, in forma anonima, su un pezzo di carta, sicuro che esse verranno estratte a caso dal relatore e avranno una risposta.
Esistono diverse Congregazioni dell’Oratorio, sparse in tutta Italia e nel resto del mondo. Tutte si riuniscono nella Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri.
Catechesi del 2017/2018 – Cinque passi al Mistero
La prima ad essere istituita fu quella di Roma, ovviamente fondata dal Santo. Con la Bolla Copiosus in misericordia Deus, del 1575, Papa Gregorio XIII la eresse canonicamente.
La catechesi de “I Cinque passi al Mistero”, di cui qui sotto riproduciamo l’audio, è la terza del ciclo di quest’ultimo anno (2017/2018).
Ha come titolo “La più bella del reame – l’ossessione del confronto e il bisogno di sentirsi migliori degli altri”.
Si chiede -e ci chiede- cosa sia il confronto.
Nella nostra vita ne facciamo e ne subiamo tantissimi. Il confronto generazionale, ad esempio, è argomento prediletto da coloro che vogliono ostinatamente mettere “in paragone” la loro era con la nostra, per esaltare l’una e denigrare l’altra, solitamente; il confronto tra i colleghi di lavoro, tra i genitori, tra i genitori e i figli o tra un figlio e l’altro, tra gli uomini e le donne sono all’ordine del giorno.
Probabilmente, però, il confronto più temibile è quello che facciamo coi modelli proposti o imposti dalla società: la forma fisica a cui anelare, il successo da raggiungere (a scuola, come a lavoro), le “cose da ottenere”, le mete da raggiungere a tutti i costi. Sono essi dei confronti misurabili, ossia quantificabili, in cifre, che danno il senso matematico -potremmo dire- del loro valore intrinseco e, di conseguenza del nostro, come se l’anima e l’essenza dell’essere umano si potessero conteggiare e calcolare, come i termini di una equazione.
Quanti voti ha ricevuto quella certa Miss al concorso di bellezza? Quanto sei stato bravo in inglese quest’anno? Quanto è più alto il tuo reddito del mio? Quanto è più verde l’erba del vicino?
Questo è il senso del confronto, un senso che ci rende schiavi del desiderio di essere i primi in classifica, convincendoci che altrimenti non si è nessuno.
E, così, veniamo ingabbiati in una sorta di loop, proprio come la matrigna di Biancaneve, che chiedeva continuamente allo specchio se fosse lei, oppure no, la più bella del reame!
Il confronto, così inteso, dunque, richiede l’inesorabile approvazione dell’altro, ossia, per definizione, vuole che siano gli altri a dichiararci i primi in classifica, i migliori.
Così, finiamo per voler essere ciò che gli altri vorrebbero che fossimo e questo ci porta ad avvilirci, se ci accorgiamo di riuscire ad essere semplicemente noi stessi, come ad essere ossessivamente superbi, se ci ritengono impareggiabili.
E’ questo un meccanismo perverso, che ci induce a volere che l’altro resti indietro e a gioire delle sue sciagure, perché agevoleranno il nostro vantaggio.
E se fossimo noi a rimanere indietro, come ci comporteremmo? E’ questo l’inganno in cui è caduto Caino, quando Dio preferì i doni del fratello Abele ai suoi.
La Bibbia non cita alcun motivo -mai- del perché Abele risultò migliore agli occhi di Dio, ma fa comprendere benissimo che Caino non se ne rallegrò affatto, non comprese che anche Dio -a maggior ragioni gli uomini- può amarci in maniera differenziata, ma questo non lo rende ingiusto.
La superbia di Caino divenne accecante, tanto da escogitare il modo più atroce di eliminare l’ostacolo del suo successo: il fratello, colui che -secondo il metodo di confronto- gli aveva usurpato l’amore, il rispetto di Dio, che gli spettava di diritto e che solo a lui apparteneva!
Antonella Sanicanti