La cioccolata: uno degli alimenti più buoni in assoluto. Ma può esistere un binomio che unisca la cioccolata alla Chiesa?
Cosa hanno in comune questi due elementi così diversi fra di loro? Dal chierico che, per la prima volta, l’ha portata in Europa, ai frati.
Ci siamo mai chiesti chi ha portato la cioccolata in Europa? Veramente è arrivata da sola, o qualcuno ce l’ha portata? Nessuno mai avrebbe immaginato che un chierico, salvato da un naufragio, avrebbe portato con se uno degli alimenti più gustosi in assoluto nel nostro continente…eppure così è stato.
Stiamo parlando di Jeronimo de Aguilar: che sia un frate, un sacerdote o un diacono, questo di preciso non lo sappiamo, poiché le fonti dell’epoca non hanno parlato di lui sempre allo stesso modo. Di lui sappiamo che si è imbarcato per le Indie nella prima metà del 1500 per arrivare nel Nuovo Mondo e fondare una città, quale Santa Maria la Antigua, in Colombia.
Fece naufragio e riparò in Giamaica. A differenza dei pochi altri, che come lui si salvarono, Aguilar venne fatto prigioniero dagli indigeni Maya, e successivamente tratto in salvo dal conquistadores Hernan Cortes. Ma il cioccolato cosa c’entra in tutto questo?
Secondo una ricostruzione storica, prima di partire per ritornare in Europa, fu lo stesso Aguilar a consigliare Cortes di caricare sacchi di questo “frutto di mandorla” particolare che era stato colto in quelle zone: “Se lo bevi, puoi viaggiare l’intera giornata senza prendere altro” – aveva detto Aguilar a Cortes. Da quel momento, questo misterioso frutto giunse al Monastero Cistercense di Pietra in Saragozza, insieme alla ricetta per lavorarlo: era il 1534. La cioccolata era arrivata in Europa.
C’è anche un’altra ricostruzione storica su come la cioccolata sia arrivata in Europa. Il cioccolato era considerato il “cibo degli dei“, di quelli Atzechi. Si trattava di una bevanda preparata con acqua calda, aromatizzata al pepe o al peperoncino, per appianare il gusto amaro dei cacao, ed era destinato solo al consumo di alcune classi sociali, come nobili e guerrieri di quella civiltà Sudamericana.
Con la scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo, la ricostruzione storica ci racconta che furono proprio gli spagnoli a esportare presso la Contea di Modica (in Sicilia), il tradizionale cioccolato azteco, stavolta corretto con lo zucchero e non con il peperoncino, e non solo sotto forma di bevanda, ma anche come tavoletta solida.
Liturgia e teologia ci parlano di cioccolata? Stranamente sì. La cioccolata ha un vero e proprio ruolo personale nel Cattolicesimo. Il percorso del suo arrivo in Europa raccontato prima, ci fa già intravedere un’unione fra la teologia e l’alimentazione.
Partiamo da un testo: “La cioccolata cattolica”, del biblista Balzaretti. Il volume fa un excursus sul ruolo di questo alimento nella liturgia e nei riti della Chiesa e lnella sua descrizione leggiamo:
La concezione del digiuno: “Sappiamo bene che, esso, è regolato da precise regole, dove però si fa riferimento solo a cibi solidi e non liquidi. Ne consegue che, bere la cioccolata, non era considerato come un elemento di interruzione di digiuno o di trasgressione dello stesso”.
Ed ancora. Ci sono alcuni ordini religiosi che si sono contesi una vera e propria posizione in merito alla cioccolata: i Domenicani ne sono contrari al consumo, mentre i Gesuiti sono possibilisti.
A dare interruzione completa a tutte le diatribe sono stati i frati Trappisti che, a partire dal 1880, sono stati i primi a produrla anche nei loro stessi conventi. Oggi, infatti, la loro cioccolata è fra le più apprezzate al mondo. Il cioccolato: oggi è uno degli alimenti più gustosi e consumati al mondo. Alimento che porta allegria e quel pizzico di sana alimentazione, consigliato anche dai medici…oltre che dalla teologia.
ROSALIA GIGLIANO
Fonte: aleteia.org
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