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Il Colosseo si tinge di rosso per le vittime cristiane in Medio Oriente

colosseo rosso per le vittime cristiane in medio oriente

Durante la manifestazione di sensibilizzazione per i cristiani martirizzati nel mondo Aiuto alla Chiesa che Soffre decide di tingere di rosso il Colosseo a 2000 anni di distanza dalle esecuzioni dei cristiani condannati alla “Damnatio ad bestiam”. L’idea di illuminare l’Anfiteatro Flavio con dei fari rossi ha una grande valenza simbolica poiché trasmette il dolore e le sofferenze che i cristiani sono costretti a subire nei paesi a prevalenza musulmana, rievocando i martiri storici avvenuti proprio all’interno del simbolo principe dell’Impero romano e della storia italiana. L’associazione ha anche voluto indicare simbolicamente la vicinanza alle chiese siriane: in collegamento in diretta con Roma c’erano infatti anche le chiese di San Paolo a Mosul e Sant’Elia ad Aleppo, entrambe illuminate di rosso ad indicare il continuum delle persecuzioni e il legame derivante dalla fede tra la sede principale e le diocesi

L’argomento principale della manifestazione è stata la situazione difficile dei cristiani in Siria, ed è proprio il relatore, monsignor Pietro Parolin, a spiegare come le difficoltà incontrate dai cristiani in quel Paese destino particolare preoccupazione: “Aleppo e Mosul sono luoghi simbolo dell’immane dolore provocato da fondamentalismi e da interessi geopolitici”, dice il segretario del Vaticano, che poi aggiunge: “La libertà religiosa è continuamente minacciata sia quella dei cristiani che degli appartenenti ad altre religioni”. Inevitabile, dato l’argomento, un riferimento alla situazione di Asia Bibi, condannata a morte in Pakistan per la sua fede, di cui il Cardinale Parolin dice: “Il Papa l’ha definita martire, noi speriamo che questa situazione possa arrivare a conclusione. Dovrebbero anche in questo caso prevalere i diritti: alla libertà religiosa e alla professione della propria fede”.

Se Siria e Asia Bibi sono gli argomenti più caldi, una menzione alle sofferenze dei cristiani in Iraq è d’obbligo e monsignor Parolin non li dimentica, esprimendo anche a loro la vicinanza del Vaticano e dicendo ai presenti che l’intenzione della Chiesa era quella di ristabilire la libertà di culto una volta conclusa la guerra, ma che ci sono stati degli impedimenti (le tensioni tra Bagdad ed i curdi) che hanno bloccato questo processo di normalizzazione. Ciò nonostante, assicura il segretario del Vaticano, l’impegno profuso per la normalizzazione non si interromperà: “Un Medio Oriente senza cristiani non ha senso, sono parte fondamentale di quelle terre”.

Luca scapatello

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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