Ci sono momenti in cui, di fronte alle difficoltà e alle asperità della vita, si sente il bisogno di rifugiarsi in Dio ma al contempo non è facile abbandonarsi totalmente a Lui, affidandogli ogni difficoltà e preoccupazione. Ecco come fare.
Alcuni santi e illustre personalità della Chiesa hanno insegnato, in maniera diversa, come compiere un vero e proprio atto di abbandono nel migliore dei modi. Alcuni di questi sono molto famosi, altri meno noti.
Tra quelli molto noti, ad esempio, c’è l’atto di abbandono di Don Dolindo Ruotolo, dettato a Lui da Gesù stesso durante un’esperienza mistica. La preghiera del sacerdote napoletano, venerato come servo di Dio dalla Chiesa cattolica e di cui attualmente è in corso il processo di canonizzazione, inizia così: “Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose”.
La grazia di abbandonarsi al Signore
Per continuare in questa maniera: “Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in me, e del nessuno pensiero di voi; io spargo tesori di grazie quando voi siete nella piena povertà! Se avete vostre risorse, anche in poco, o, se le cercate, siete nel campo naturale, e seguite quindi il percorso naturale delle cose, che è spesso intralciato da satana. Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi. Opera divinamente chi si abbandona a Dio. Quando vedi che le cose si complicano, di’ con gli occhi dell’anima chiusi: Gesù, pensaci tu”.
Tra quelli meno conosciuti, invece, C’è l’atto di abbandono del Beato e futuro santo Charles de Foucauld, che compose mentre si trovava nella Trappa di Akbés (Siria), alla fine del diciannovesimo secolo. In quel tempo, Charles de Foucauld compose una serie di meravigliose meditazioni dei Vangeli che fanno riferimento alla conversazione dell’anima con Dio.
La preghiera d’abbandono del Beato Charles de Foucauld
La sua preghiera d’abbandono è assolutamente straordinaria, e recita così:
“Padre mio, io mi abbandono a te, fa’ di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me, in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.
Affido l’anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre”.
A sua volta, si dice che Charles de Foucauld attingesse al libro “Abbandono alla Divina Provvidenza” del gesuita Jean-Pierre de Caussade, la cui vita è stata totalmente segnata dall’abbandono totale e assoluto alla Divina Provvidenza.
Per de Caussade è infatti molto importante “lasciarsi trasportare da Dio, attraverso i mezzi che la Divina Provvidenza ha previsto per noi e ci offre”, in quanto “l’azione di Dio è qualcosa di costante nella storia dell’umanità, ed è per questo, perché Dio partecipa costantemente a questa storia, che possiamo riconoscerla anche come Storia di Salvezza”.
Padre de Caussade introduce anche un concetto molto interessante che è quello di Intelligenza Spirituale: “Illuminati dalla divina intelligenza, si vedono accompagnati da questa in tutti i loro passi, ed essa li tira via dalle strade sbagliate in cui sono entrati per ignoranza”, scrive. Precisando che, in questo stato, l’anima “non si inclina a nulla per desiderio proprio. Sa solo lasciarsi riempire da Dio, e mettersi nelle sue mani per servire nel modo in cui Egli dispone”. Un vero e proprio arricchimento spirituale da cui nessun cattolico può prescindere.
L’atto di abbandono di Gesù
Tuttavia, il più bel passo mai scritto sull’abbandono si trova nella Bibbia, in Matteo 6,25-33. A parlare è direttamente Gesù in persona, come riportato dagli evangelisti.
“Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta“.