Qual è l’identikit del prete degli anni a venire? Dal mondo delle statistiche arrivano importanti previsioni sulle possibili caratteristiche.
Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare sulle dichiarazioni a porte chiuse di papa Francesco circa l’opportunità di non far entrare nei seminari aspiranti sacerdoti con tendenze omosessuali. Non è un mistero che da ormai molti decenni nella Chiesa vivano parallelamente una corrente conservatrice ed una progressista.
Ci si domanda perciò come potrebbe essere la figura del sacerdote nel prossimo futuro? Quali sono le caratteristiche che contraddistingueranno chi rivestirà questo fondamentale ruolo nella fede cattolica? Per comprendere appieno quali sono le possibilità bisogna puntare l’osservazione e l’analisi non solo limitandola alla realtà italiana, ma ovviamente, a tutto il mondo.
Passando per l’Occidente sempre più dominato da forme di ateismo o ancor di più, di neopaganesimo, di cui l’Europa si fa portabandiera, c’è da pensare anche al mondo africano, dove invece le cose sembra stiano andando in una direzione opposta.
Cosa dicono le statistiche sui sacerdoti di domani?
A prima vista, in interi Paesi e all’interno degli stessi può sembrare che a dominare sia il versante progressista. Si ha questa sensazione anche per l’ avanzare di istanze che mirano a scardinare di dettami della dottrina cattolica di sempre, come sull’abolizione del celibato sacerdotale o sull’introduzione del sacerdozio femminile, peraltro rigettate in toto da papa Francesco.
Ma sebbene abusi liturgici e teorie eretiche non manchino di serpeggiare ponendosi come fantomatiche innovazioni di cui la Chiesa avrebbe bisogno per stare al passo con il mondo, anche nell’Occidente ateo e neopagano ci sono elementi che fanno pensare al desiderio di un ancoraggio alla tradizione plurisecolare della Chiesa. Non nel senso di una deriva opposta al progressismo, ovvero del tradizionalismo che rinnega la bontà del Concilio Vaticano II, ma di una ripresa di questo da far vivere pienamente, così come dovrebbe essere.
Non solo la fede nel continente africano è in continua crescita e si radica negli insegnamenti magisteriali di sempre, ma anche in Europa e negli Stati Uniti il fronte conservatore appare ben forte e destinato a svolgere un ruolo importante in futuro.
Ad affermare la presenza di questa realtà, con dati alla mano, è il giornalista Giuliano Guzzo che sul quotidiano La Verità si sofferma sull’ortodossia che emerge nei giovani preti e seminaristi. Questi appaiono decisamente più conservatori dei sacerdoti, ormai di mezza età o età avanzata, che sono stati ordinati, sul finire degli anni Sessanta e Settanta.
Una buona speranza per l’avvenire
Dopo una fase in cui il progressismo si è espanso in misura considerevole, ci può essere una netta inversione di rotta. Stando ai dati riportati da sei ricercatori che alla fine dello scorso anno hanno effettuato una ricerca per la Catholic University of America, in uno studio considerato il più vasto degli ultimi 50 anni, i risultati sono sorprendenti.
Oltre 10 mila preti sono stati analizzati e intervistati e ne risulta che l’85% dei giovani sacerdoti si definisce specificatamente con il termine “conservatore”. Nessuno dichiara di rientrare tra i progressisti e questo dato è sicuramente molto indicativo di un cambiamento che sembra essere già in atto.
Se quindi il clero conservatore in aumento può esser considerato un fenomeno presente soprattutto negli Stati Uniti e in Africa anche in Europa, come risulta da un’analisi del quotidiano francese La Croix proprio sui preti che ci saranno in futuro, si è notato un incremento tra i seminaristi della frequentazione di ambienti tradizionalisti e con un interesse verso la messa vetus ordo. Perfino dal mondo tedesco, uno dei più progressisti in assoluto, arriva un certo segnale di come i più accentuati temi progressisti non sembrano essere in cima agli interessi della maggior parte dei sacerdoti.