Credo che il Signore vuole che siamo uniti a lui perché senza di lui non possiamo fare nulla: lui è il nostro tutto
Il cammino che noi viviamo per tutti è diverso e per tutti è legato ad un’escalation conoscitiva di Gesù, e in questo Vangelo si respira un grande paradosso. Gli dicono i discepoli: “Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio”.
Gesù gli risponde in modo sarcastico, come a dire: “Adesso credete?” Come a dire, adesso l’avete capito?! E gli dice: “viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo” Gesù dice ad ognuno di noi che nel momento in cui pensiamo di aver capito, poi nella prova ce ne andremo, lui già lo sa!
Perché siamo deboli, siamo umani. Gli apostoli stessi hanno fatto proprio così! Loro hanno visto i miracoli, hanno visto Gesù che risuscitava i morti, eppure quando è andato in Croce si sono tutti dileguati!
In questo Vangelo il regalo che più arriva è il fatto che ci chiama quotidianamente a due consapevolezze: la prima è quella di non sentirci mai “arrivati”, sapendo solo che vicino a Gesù si sta bene e continuando a stargli vicino.
L’altra è comprendere queste parole: “Nel mondo avete tribolazioni”, – e ce le abbiamo tutti – “ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”. Significa: io ho vinto il tuo problema, io ho vinto le tue paure, io ho vinto la tua morte, io ho vinto i tuoi rancori, io ho vinto tutto quello che c’era da vincere, perché in questo modo oggi ci stai tu, e ci sto io.
Questo vuol dire che se lui ha vinto il mondo, se noi stiamo con lui vinciamo insieme a lui, e per questo lui ci dice: “abbiate coraggio”, perché un cristiano deve dire agli altri, non “può”, che la vita è un dono infinito. La consapevolezza di questo dono ce la esprime proprio la sofferenza. Perché quella stessa sofferenza lui l’ha voluta e l’ha accettata su di sè, e quella che noi viviamo ci fa poi capire davvero cosa vuol dire stare bene. Lui è riuscito a dire: voglio stare male per amore nostro. Chi soffre darebbe qualsiasi cosa pur di stare bene, darebbe via tutti i beni che ha per questo, per dire di stare bene. Gesù invece che ha fatto? Ha preso il male, la sofferenza su di sé. Gesù è riuscito a fare qualcosa al di sopra della nostra accettazione.
Io penso di essere uno che crede nel Signore, però ho una paura della sofferenza! Meno, della morte, ma della sofferenza sì. Perché la sofferenza te la devi tenere. Non sai quando termina. E’ qualcosa che veramente fa male, fa paura, ma oggi Gesù ci chiama davvero a questo coraggio. Gesù parla a tutti a prescindere dai momenti specifici che viviamo e credo che quell’“abbiate coraggio” può voler dire di avere coraggio perché la famiglia si sistema, perché il tuo lavoro ritornerà ad avere un ritmo, di avere coraggio perché tuo figlio cambierà strada, di avere coraggio perché la tua salute ritornerà quella che ci auguriamo, abbiate coraggio perché verrete in Paradiso!
Non dobbiamo vivere con l’obiettivo delle cose materiali affinché siano fine, uno scopo, ma solo un mezzo. Dobbiamo vivere la vita come un mezzo per arrivare a Dio: questa è la nostra vocazione. Questo Dio ci sta invitando a seguire, anche in procinto di questa settimana che ci porterà alla Pentecoste, quando lo Spirito Santo discenderà su tutti gli uomini che lo chiederanno. Gesù infatti ha detto: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”.
Un povero in Spirito è uno che lo chiede sempre, uno che ha bisogno dello Spirito Santo. E qui dice, a differenza delle altre beatitudini in cui parla della ricompensa al futuro, qui dice “beati i poveri in Spirito perché di essi è – già ora – il Regno dei Cieli”, come se Dio si manifesta già in questa vita come nel tempo dell’eternità, nella pienezza.
Gesù ripete alcuni passaggi nel Vangelo per focalizzare determinate situazioni, come quando parla dei 10 lebbrosi guariti da lui. Di tutti e 10 solo uno venne a ringraziarlo. Questo ci dice Gesù: “Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me”.
Un’altra cosa che vorrei dire in modo sereno è questo: chi di noi può negare di avere dentro di sé uno spirito di malizia? Chi di noi può negare di aver scelto persone, situazioni… Per convenienza, per apparenza, per bellezza? Quante persone conquistano l’interesse di altri tramite l’estetica e quante altre vengono denigrate per la stessa estetica? Queste non sono cose di Dio. Queste sono cose del male.
Quando ci rendiamo conto che il male è così subdolo che ci fa giocare su queste cose, ci fa comportare come dei burattini in vetrina… Non può funzionare una società dove chiedono la difesa di tutti i diritti e poi ci mettiamo a fare i cretini sui social per farci notare dagli altri. Ci troviamo in una situazione dove se non ci fosse la fede ci sarebbe il caos: non ci sarebbero valori, famiglia, lealtà, onestà, non ci sarebbe niente: il vuoto totale.
Forse il Signore ci sta dicendo: non disperdetevi. Guardate quei vostri fratelli che hanno bisogno di voi! A volte si percepisce in chi ostenta una sicurezza mondana una povertà spirituale immensa. Io lavoro tanto e ho anche dei risultati importanti in ambito professionale, ma quando c’è il Signore mi scordo di tutto, non ho altri interessi. Mi sento libero oggi in questo senso. Dio è il nostro primato. Dio ci dice di amarlo con tutti noi stessi e il prossimo come noi stessi. Credo che Gesù ci chiama proprio a questo. Credo che il Signore vuole che siamo uniti a lui perché senza di lui non possiamo fare nulla.
Sia lodato Gesù Cristo.
Redazione
* Paolo è il fondatore della Luce di Maria, è un laico, padre di famiglia e sposato in chiesa.
Tutte le sere alle ore 00:00 recita in diretta Facebook e Youtube de La Luce di Maria, il Santo Rosario che accompagna con delle riflessioni spontanee sulla Parola del Vangelo del giorno a venire.
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