Chi sono gli accusatori dell’adultera?
Ci risponde il nostro Padre Guy nel commento alle letture di oggi.
La meditazione del Vangelo della V Domenica di Quaresima del nostro Padre Guy. Un momento per comprendere meglio il messaggio contenuto nella Parola di oggi
Commento al Vangelo di Giovanni (Gv 8,1-11)
L.d.M. – Padre Guy, oggi, domenica 7 aprile 2019, la liturgia ci propone uno episodio molto forte tratto dal Vangelo di Giovanni. Quello della donna peccatrice
P.Guy – Carissimi, pace e bene, Nostra madre Chiesa ci propone di meditare sulla donna trovata in flagrante adulterio. Il tema che vi propongo per la nostra meditazione è il seguente: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”.
L’adultera per incastrare Gesù
L.d.M. – Padre Guy per comprendere bene questo passo serve contestualizzarlo all’epoca in cui si è svolto. Cosa rappresentava per quei tempi questa accusa?
P.Guy – Prima di sviluppare il nostro tema, dobbiamo sapere che questo problema della donna mette Gesù in imbarazzo. Tanto che la legge di Mosè considerava l’adulterio come contrario alla legge di Dio e come tale, fonte di gravi danni per la società. I farisei ed i dottori della legge presentano il caso davanti a Gesù soltanto per metterlo alla prove, per trovare un motivo per condannare ed uccidere Gesù.
L.d.M. – Dunque lo zelo di applicare alla lettera la legge era una maschera?
P.Guy – Per i nemici di Gesù, tutto era quasi pronto per farlo cadere nella trapola. Se Gesù si limitasse a perdonare la donna, i farisei l’accuserebbero di andare contro la legge; se l’avesse condannata, sarebbe andato contro la misericordia che aveva mostrato in altre occasioni. I farisei credono così di averlo incastrato. Ma, nulla di tutto ciò. Gesù, infatti risponde: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.
P.Guy – Rispondendo cosi, egli mette alla luce l’ipocrisia dei farisei e dei dottori della leggere. E non è la prima volta che Gesù mette a nudo questa ipocrisia (Mt 23). Peraltro, parlando in questo modo, Gesù si rivolge anche a quelle persone che condannano gli altri senza appello, che non tengono conto del pentimento che può sorgere nel cuore del colpevole.
Chi sono gli accusatori
L.d.M. – Chi rappresentano questi accusatori?
P.Guy – Carissimi, quelle persone che condannano gli altri, siamo noi. Abbiamo un grande difetto che potrei chiamare malattia: giudicare gli altri dall’apparenza. Tanti di noi soffrono di questa malattia: vedere i difetti, gli errori, i peccati degli altri è diventato il loro modo di vivere. Commentano i problemi degli altri come se fossero stati presenti quando è successo il fatto. Manca a queste persone la consapevolezza della limitatezza, della debolezza dell’essere umano; tutti siamo peccatori.
L.d.M. – Superficialità?
P.Guy – In effetti, nessuno di noi può sapere ciò che succede nel cuore dell’altro, ciò che vive l’altro. Chi di noi non ha mai commesso un errore? E’ senza peccato? E’ perfetto? E’ giusto?
L.d.M. – Quindi dovremmo metterci al posto degli altri?
P.Guy – Sarebbe più giusto, perché non sappiamo le circostanze che hanno indotto a cadere nell’errore o ad allontanarsi da Dio. Perché non possiamo avvicinarci agli altri per saperne e comprendere di più? Gesù che seguiamo, non ha condannato la donna, “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Egli, con la sua misericordia, con il suo grande amore, ha liberato quella donna, gli ha ridato la vita. Essa è diventata una nuova creatura come si dice già nella prima lettura di questa liturgia: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova”
Cambiamo il nostro cuore
L.d.M. – Qual è dunque il giusto atteggiamento da tenere?
P.Guy – Cari miei, togliamo da noi il cuore di pietra, mettiamo quello di carne per avere misericordia verso i nostri fratelli e sorelle. Abbandoniamo quella via dell’ipocrisia, della condanna, dell’ingiustizia. San Paolo, nella seconda lettura, dice che ha considerato, il suo vecchio modo di vivere, come spazzatura: “ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura”. Al posto del giudizio e della condanna, facciamo emergere la misericordia, l’amore vero senza ipocrisia, mostriamo affetto, cosi aiuteremo il nostro prossimo a vivere e ad iniziare una nuova vita con coraggio e forza. La sua felicità sarà la nostra felicità nel nome del Signore Gesù.
L.d.M. – Ringraziamo Padre Guy per la meditazione e per la preghiera che ci lascia per questa Santa domenica
Signore Gesù Cristo, tu sei venuto a soffiare sulle braci della nostra debole speranza per rianimare la vita. Insegnaci la forza della mitezza capace di tenera accoglienza, accendi in noi la fiamma di un amore che non divora ma sostiene e rianima.
(Lezionario quotidiano 2)
Buona domenica.
Chi è Padre Guy
Per i fratelli e le sorelle che seguono la Luce di Maria, anche negli incontri periodici di preghiera, Padre Guy non ha bisogno di presentazioni. Più volte ci ha infatti accompagnato sia nei pellegrinaggi (Medjugorje, Collevalenza, Montecassino, San Vittorino) che nelle celebrazioni donandoci sempre momenti di profonda riflessione con le sue omelie e le sue catechesi.
Padre Guy-Léandre NAKAVOUA LONDHET viene consacrato sacerdote il 17.07.2005 in Congo a Brazzaville. Ha iniziato i suoi primi passi come sacerdote proprio nella parrocchia di cui ora è parroco, Santa Brigida di Svezia a Roma nella borgata di Palmarola. Era il 13.09.2005 e non sapeva neanche una parola di Italiano.
Perché è in Italia
Padre Guy si trovò improvvisamente proiettato in una realtà completamente nuova: “Nella nostra Congregazione abbiamo la possibilità di scegliere tre paesi dove vogliamo esercitare il ministero sacerdotale ed essere missionari. Avevo scelto: Gabon, Messico e l’Isola della Riunione sull’Oceano Indiano. Il Consiglio Generale, che ha il diritto di mandarci dove trova più necessità. Mi propose dunque (ce lo dice con un meraviglioso sorrriso) di venire in Italia a Roma.
“Che c’è da fare a Roma con tutte le chiese, che riempiono il suo territorio, esisterebbe ancora uno spazio per la missione? Sinceramente non volevo venire in Italia, non me la sentivo, ma un confratello mi aveva detto: Vai e vedrai!. Per l’obbedienza dissi di sì e decisi di venire.