Ricevere la comunione sotto le due specie è possibile?
Al momento della Comunione, una domanda questa che spesso ci poniamo durante la Santa Messa.
Un breve excursus per capirne anche la differenza.
Prendere la comunione sotto le due specie è diventato, quasi, d’uso ordinario durante le celebrazioni in molti paesi. Ma la domanda che ci poniamo è: è sempre possibile, o ci sono alcune particolari occasioni in cui è possibile ricevere pane e vino?
E’possibile riceverla?
Per rispondere a questo interrogativo proviamo ad esaminare i documenti ufficiali della Chiesa. Nella costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia emanata dal Concilio Vaticano II si legge “La Comunione sotto le due Specie è molto raccomandata come più perfetta partecipazione alla Messa” (n. 55). O ancora: l’Istruzione Redemptionis Sacramentum (RS), promulgata nel 2004, ci dice: «Al fine di manifestare ai fedeli, con maggior chiarezza, la pienezza del segno nel convivio eucaristico, sono ammessi alla Comunione sotto le due specie nei casi citati nei libri liturgici anche i fedeli laici, con il presupposto e l’incessante accompagnamento di una debita catechesi circa i principi dogmatici fissati in materia dal Concilio Ecumenico Tridentino» (RS, n. 100).
In effetti, non ci si dice che sia assolutamente vietato. Infatti, la necessità di darla sotto le due specie potrebbe partire direttamente dall’esempio che Gesù fece durante l’Ultima Cena: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo. Prendete e bevete, questo è il mio sangue”.
Cosa dice la teologia
Secondo la dottrina teologica, molti affermano che “l’Eucaristia è fonte e culmine della vita cristiana”. Molti, però, nonostante la dottrina ed i libri liturgici lo consentano, vedono l’intingere nel vino come “una pratica straordinaria, che si fa soltanto raramente”. Ma è davvero così?
Nel De venerabili Sacramento Altaris, San Tommaso di Aquino osservò che “che il Corpo di Cristo non si duplica né diminuisce, ma rimane unico identico intatto e integro, sia mentre viene mangiato dai fedeli che nei molteplici luoghi in cui l’eucaristia è presente in uno stesso momento che allo spezzare del Pane eucaristico. Dunque Gesù è tutto intero anche nelle piccole particelle del Pane Eucaristico”. Mentre il Concilio Vaticano II afferma: “il Pane è figura simbolo oggettivo del Corpo di Cristo, mentre il Vino è segno e figura simbolo oggettivo del Sangue di Cristo in Croce e di tutti i Santi Martiri che versano il sangue ad imitazione del Sangue di Cristo”, ponendo anche una spiccata simbologia sia al pane che al vino.
Lo scopo della comunione sotto le due specie
Ma allora c’è davvero un divieto, da parte della chiesa o delle singole diocesi, alla distribuzione della comunione sotto le due specie? Lo scopo di ricevere la comunione sotto le due specie non è che i fedeli ricevano più grazia di quando comunicano sotto una sola specie, bensì che essi siano messi nella condizione di apprezzare al vivo il valore del segno; anche se alcuni si dimostrano un po’ scettici o addirittura perplessi (come se l’intingere nel vino, facesse perdere il valore eucaristico al Corpo di Cristo) su questa pratica, come se ricevessero qualcosa di mancante.
Nelle singole diocesi
A chi è permesso dare la comunione sotto le due specie? L’Ordinamento Generale del Messale Romano recita, al n. 283 che La Comunione sotto le due specie è permessa, oltre ai casi descritti nei libri rituali:
- a) ai sacerdoti che non possono celebrare o concelebrare;
- b) al diacono e agli altri che compiono qualche ufficio nella Messa;
- c) ai membri delle comunità nella Messa conventuale o in quella che si dice “della comunità”, agli alunni dei seminari, a tutti coloro che attendono agli esercizi spirituali o partecipano ad un convegno spirituale o pastorale.
Il Vescovo diocesano può stabilire per la sua Diocesi norme riguardo alla Comunione sotto le due Specie, da osservarsi anche nelle chiese dei religiosi e nei piccoli gruppi. Allo stesso Vescovo è data facoltà di permettere la Comunione sotto le due Specie ogni volta che sembri opportuno al sacerdote al quale, come pastore proprio, è affidata la comunità, purché i fedeli siano ben preparati e non ci sia pericolo di profanazione del Sacramento o la celebrazione non risulti troppo difficoltosa per il gran numero di partecipanti o per altra causa.
Circa il modo di distribuire ai fedeli la sacra Comunione sotto le due specie e circa l’estensione delle facoltà, le Conferenze Episcopali possono stabilire delle norme, approvate dalla Sede Apostolica.
ROSALIA GIGLIANO