I “Cinque passi al Mistero”, è un iniziativa portata avanti dalla Congregazione dell’Oratorio, che ha sede nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella.
La Congregazione nacque per volere di San Filippo Neri, vissuto tra il 1515 e il 1595.
I “Cinque passi al Mistero” è una catechesi riservata agli adulti, che comincia con una mezz’ora di introduzione all’argomento, dopo di che ogni partecipante scrive delle domanda o una riflessione, in forma anonima, su un pezzo di carta, sicuro che esse verranno estratte a caso dal relatore e avranno una risposta.
La Congregazione dell’Oratorio ebbe come prima sede la chiesa di San Girolamo della Carità, nel 1551, poi la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, nel 1564.
Nel 1575, Papa Gregorio XIII ne riconobbe la valenza e ne spostò la sede alla chiesa di Santa Maria in Vallicella. Papa Paolo V ne approvò la Costituzione, nel 1612.
Nel resto dell’Italia e del mondo esistono altri Istituti del genere che, dal 1943, sono uniti in una Confederazione.
Proprio come Padre Maurizio Botta, colui che presiede le catechesi su citate (alla chiesa Santa Maria in Vallicella), San Filippo Neri preferiva improvvisare le sue prediche, per mostrare la fiducia nella Parola di Dio, in particolare nel passo che dice: “non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”.
Le catechesi i “Cinque passi al Mistero” vengono esposte con la stessa sensibilità, per insegnare a fidarsi di Dio e ad affidarsi a lui, a conoscerlo perché è lui che ispira e spiana il nostro cammino.
Ora, come allora, rimane la difficoltà, colmata dalla fede, appunto, e che diviene capacità, di destreggiarsi tra le domande, che i presenti espongono e che il relatore, ovviamente, non conosce, fino al momento di in cui le legge.
La fede guida e trascina, sempre, chi ha l’occasione di assistere a queste catechesi, così particolari.
La catechesi de “I Cinque passi al Mistero”, di cui qui sotto riproduciamo l’audio, risale a venerdì, 14 Marzo 2014 ed è la prima dell’anno 2013/2014.
Ha come titolo “Natura contro natura – a quando un’ecologia dell’uomo ”.
Esordisce con l’antichissimo giuramento di Ippocrate, il testo con cui ogni medico promette di proteggere la sacralità della vita; di non accettare mai di usare mezzi per danneggiare le persone di cui deve avere cura, per seguire quella che è una missione vera e propria.
Come racconta l’etimologia della parola “natura”, che deriva da termini come “generare”, “nascere”, anche l’essere umano è un frutto di essa.
Ma l’essere umano si distingue da ogni altro figlio della creazione, per la consapevolezza che ha di se stesso, per la ragione che possiede e per tante altre facoltà, che non solo gli permettono di capire il resto della natura, ma anche di decidere come esprimere il proprio modo di esistere.
Non a caso, abbiamo gli occhi sotto la fronte, che guardano verso l’esterno, laddove si trova il resto del mondo.
L’essenza dell’uomo, in ogni cultura, in ogni tempo, è difendere il più debole, a differenza di ciò che accade in altre specie di animali, che lasciano da parte i membri più anziani, i meno forti.
E come usa la società di oggi questa capacità/sentimento?
Spesso in una maniera inversa, a quella consona, che ha davvero del diabolico. Questo accade perché manipola il motivo che porta a scegliere quale sia il soggetto più debole da difendere e in che modo.
Dunque, se si parla di aborto, ad esempio, pur di renderlo plausibile, si sceglie come soggetto debole la donna stuprata che va difesa, anche a costo della vita che porta in grembo.
Se, invece, si parla di feti o bambini (o comunque di esseri umani), che presentano delle malformazioni, degli handicap fisici o psichici, si portano le persone a credere che è per il loro bene/benessere non dare loro la possibilità di vivere, perché non soffrano più del necessario, perché soccombano, prima di rendersi coscienti della loro condizione.
Tutte queste credenze, inculcate a dovere nel pensiero sociale, usano i deboli a mo’ di stendardo, invertendone il reale valore, facendoci pensare che ci siano delle vite umane che non è necessario proteggere, dal concepimento sino alla morte, e che ci siano delle esistenze sacrificabili, in nome di un bene comune più grande.
Non è, questa, la stessa filosofia adottata da Hitler con la sua idea di eugenetica?
Antonella Sanicanti
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