Coronavirus: con l’inizio della fase due, la sensazione è che piano piano si stia uscendo dalla crisi sanitaria. Un fatto però tutt’altro che certo e scontato.
Che rende difficile pensare che le cose possano andare al meglio, o quantomeno che possano andare nelle direzioni da noi immaginare. E il problema che ora si profila ha a che fare con la crisi economica che si profila all’orizzonte.
Già prima del coronavirus, infatti, dal punto di vista economico eravamo ben lontani dalla condizione ottimale. Molte persone non hanno lavori stabili e adeguati alle proprie esigenze, legate al costo di una famiglia, alla necessità di avere certezze e alla paura del domani. Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente e gli strumenti di assistenza esistenti non sempre sono all’altezza.
Le aziende non riescono ad adeguarsi ai cambiamenti della tecnologia e stare al passo con la concorrenza sempre più agguerrita, perciò si perdono entrare e di conseguenza posti di lavoro. Il rallentamento delle attività dovuto al coronavirus ha complicato e non poco questa situazione già molto delicata.
I dati cominciano già a parlare di un’economia in rosso, con interi settori in crisi, la cassa integrazione che non arriva a molti lavoratori e la stagione turistica alle porte che immagina grandi difficoltà. La pandemia ha già avuto effetti drammatici su molte famiglie e la paura è che possa essere ancora peggio nei tempi futuri.
Per questo occorrerà prepararsi, e soprattutto avere la giusta disposizione d’animo per affrontare la ripartenza. Bisognerà già cominciare ad intravedere ora una strada che prepari al domani. Le grandi questioni mondiali, come l’emergenza climatica, o il cambiamento tecnologico, possono parlarci di un nuovo modello di società?
In queste ore ad esempio si sta parlando sempre più di un modello di lavoro in cui si lavori meno per lavorare tutti. Si tratta di un slogan proposto in alcuni settori, in parte contigui ai filosofi della decrescita felice e in parte distanti, in cui si pensa che un rallentamento delle produzioni, una redistribuzione della ricchezza, una ritrovata serenità dei rapporti sociali possa essere la chiave per una società in cui non conti solo il Pil, ma anche quegli indicatori nascosti agli economisti ma che incidono ben di più sulle vite delle persone.
La felicità, le relazioni umane, gli affetti in famiglie, i rapporti con i figli. La sostenibilità ambientale, il riuso, il riciclo, il valore dei prodotti, la qualità piuttosto che la quantità, la liberazione dal consumismo compulsivo e dagli inganni del marketing e della pubblicità. Tutto questo può rappresentare fin da ora un percorso che si può tracciare per una società più serena, che voglia frenare i propri impulsi frenetici per ripensarsi. E forse anche ritrovarsi.
Forse la crisi può quindi essere un’opportunità, non per libera scelta ma per necessità. Tanti pensatori e filosofi si sono espressi per anni contro gli eccessi dei consumi, dell’inquinamento, del traffico stradale, aereo, marittimo, dell’iperturismo, della distruzione delle città storiche, dello svuotamento delle campagne. In poche settimane tutto questo ha paradossalmente e tristemente trovato un sostenitore in un virus minuscolo, invisibile, devastante.
Un sacrificio terribile di vite umane, che se porterà ad effetti positivi, non saranno state perse invano. Fino ad ora, ci ha messo di fronte ai nostri eccessi, ci ha mostrato come in una società in continuo e frenetico movimento anche il rallentamento e la quiete hanno un costo molto elevato.
Se non si fanno le spese folli e inutili che si facevano prima, tanta gente rischia il posto di lavoro e non potrà portare a casa il pane. Per questo servono strategie alternative. Attraverso le quali correggere l’attuale sistema di produzione e di consumo. Per questo tutte le energie andranno orientate nella ripartenza, ma mettendo al centro l’uomo con i suoi bisogni e limiti, con le sue caratteristiche peculiari e con le necessità senza le quali la vita non è degna di essere vissuta.
Bisogna ripartire dalla dignità del lavoro, dalla bellezza della famiglia, dalla giustizia della pace e dalla gentilezza di rapporti sociali gentili e solidali. Solo così potremo ripartire con la speranza di un mondo migliore. Più libero e più responsabile.
Giovanni Bernardi
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