Il tasso di natalità in Italia è in forte calo, una tendenza che non può che essere acuita dal numero di bambini non nati a causa della pratica abortiva, che in questi 40 anni di legge 194 ha portato in dote quasi 6 milioni di cessazioni di gravidanza. Spostandoci momentaneamente sulla problematica della crescita demografica in ribasso, notiamo come i dati statistici dimostrano che negli ultimi dieci anni ci sia stata un’importante flessione delle nascite, tale da portare per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale la natalità in negativo nel 2015. La tendenza negativa è stata confermata anche nel 2016 e nel 2017, con una probabilità alta di conferma anche in questo 2018.
Secondo un report della ricerca ‘Cenni storici, periferie, città diffusa: sviluppo e squilibri nell’Italia di oggi‘ condiviso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori tra il 2014 ed il 2017 il nostro Paese ha perso 310.000 abitanti, un numero preoccupante che, se confermata la tendenza demografica attuale, salirà a 2,8 milioni entro il 2036. Questi numeri generici confermano che l’Italia, insieme a Francia, Germania e Giappone va in controtendenza rispetto al resto del mondo dove la popolazione è in forte crescita ed il 40% dei cittadini ha 24 anni. I dati sulle regioni dimostrano inoltre che la flessione maggiore si è verificata nel meridione dove la natalità si è abbassata del 13,1% in Basilicata, del 10% in Molise, Calabria, Puglia e Sicilia e del 8% in Campania. Male anche quale regione del centro dove la Sardegna perde il 10% della popolazione, l’Abruzzo l’8% e l’Umbria il 7,8%. Al nord seguono il trend negativo la Liguria (11,8%) ed il Piemonte (7,1%). Stazionaria la situazione demografica nel Lazio (grazie all’impulso di Roma) nell’Emilia Romagna e in Toscana, in positivo la Lombardia ed il Trentino Alto Adige.
L’incidenza degli aborti nella flessione demografica
Sebbene i dati statistici non tengano conto del numero di aborti annuali che avvengono in Italia, non si può non notare che questa pratica sia legata a doppio filo a questa problematica dato che i motivi principali di questi due fenomeni sono legati principalmente a motivi economici. La flessione demografica, infatti, è dovuta principalmente a fattori economici: la popolazione è instabile e la disoccupazione aumenta, portando i giovani a ritardare la creazione di una famiglia per mancanza di sicurezza. Economico è anche il principale motivo che porta molte donne ad abortire: in un contesto simile le ragazze e le donne decidono di non portare avanti la gravidanza poiché sarebbe impossibile assicurare un futuro al figlio.
Di questo avviso è anche il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana che in una recente intervista ha dichiarato di voler aiutare le famiglie ad avere più figli ed allo stesso tempo limitare il numero di aborti: “Bisogna correggere le storture del sistema fiscale. Non è giusto che le famiglie che hanno figli siano trattate fiscalmente come le famiglie che non ne hanno. Questo penalizza di fatto le famiglie monoreddito e porta a far percepire i figli come un peso, una spesa, quando invece rappresentano un investimento non solo per il futuro della famiglia ma per il benessere e l’economia del Paese”, quindi sull’aborto: “In molti casi è per una preoccupazione economica che alcune donne decidono di non avere figli. Mi piacerebbe che lo Stato fosse più vicino a queste donne per far capire loro che, nel dubbio, un figlio è meglio farlo”.
Luca Scapatello