Il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga ha lanciato l’allarme: le regioni non hanno più soldi, la chiudo.
“Devo dire che con il Dl maggio, di fatto, annientano le regioni, le colpiscono uccidendole, io a questo punto chiudo la regione, io non ho più soldi per fare nulla, non solo per l’emergenza”, ha affermato il governatore leghista. Fedriga spiega che non ci sono più soldi nemmeno per la spesa ordinaria, cioè per tenere aperti gli ospedali. Una situazione tragica che mette in luce le nefaste conseguenze che potrebbero verificarsi con la crisi economica.
“Chiamerò qualcuno a Roma per dire che chiudo gli ospedali, non ho più soldi per la spesa ordinaria, anche se noi siamo una regione virtuosa”, ha detto Fedriga. Il governatore ha infatti spiegato che lo Stato continua a chiedere “il contributo straordinario. Un contributo che noi abbiamo chiesto di sospendere, perché non ce lo possono chiedere con un deficit di entrate enormi. Visto che noi ci approvvigioniamo esclusivamente attraverso risorse proprie. Noi non abbiamo trasferimenti da Roma”.
Tutto ciò porta a una situazione economicamente tragica tanto per i privati quanto per il pubblico. “Stimiamo un crollo delle entrate intorno ai 700 milioni di euro, su un bilancio complessivo di 5,5 miliardi”, dice. “Nel mentre continuano a chiederci il contributo da 726 milioni di contributo straordinario. Questo per noi è insostenibile”.
Uno dei rischi peggiori è che le infrastrutture del Friuli Venezia Giulia possono finire in mano ai cinesi. Svendute, per il fatto che questi hanno grandi liquidità. Una situazione che a quel punto potrebbe replicarsi anche nel resto del paese. Con il rischio di gravi conseguenze dal punto di vista lavorativo e sociale. “Tutti gli accordi fatti non riguardano le infrastrutture strategiche, i nostri porti. Ricordo, sono pubblici, vengono dati in concessione e le concessioni possono essere tolte. Allo stato attuale non vedo particolari problemi, ma monitoreremo”.
Fedriga per quanto riguarda i comportamenti dei cittadini con la ripresa delle attività si dice più che fiducioso, e soddisfatto. “Ho visto comportamenti anche più rigorosi di quanto chiesto dalle ordinanze e dai dpcm, da ristoratori, parrucchieri, estetisti, ma qualche problema c’è, ad esempio con la movida, con gli aperitivi, come in tutta Italia c’è stato uno ‘sfogo’ comprensibile, come successo a Trieste, ma servono ancora comportamenti molto rigorosi”.
Per questo l’auspicio è quello di un ritorno alle attività, ma solo se sarà consentito dalla responsabilità degli stessi cittadini. “Sugli assembramenti siamo intervenute con le prefetture, per esempio con entrate contingentate in alcune vie delle città più esposte”, ha spiegato Fedriga.
Anche se ancora sulla ripartenza economica c’è timore, viste le tragedie avvenute in questi due mesi. “In molti ancora non hanno riaperto, c’è ancora timore, si naviga a vista, per avere invece un quadro economico, dopo la riapertura, dobbiamo avere dati più precisi, che penso saranno disponibili a breve”.
Il problema però è che già molti paesi europei hanno riaperto le proprie attività, determinando delle asimmetrie importanti, che potrebbero segnare i rapporti economici futuri tra Paesi all’interno dell’Unione europea. “Ho parlato con il presidente del land della Carinzia, con il presidente sloveno, sono entrambi favorevoli a una riapertura, ma quello che sta facendo il governo centrale di Vienna è molto grave”, ha detto Fedriga.
Che non condivide per nulla le diverse misure adottate tra le frontiere, in particolare per Austria e Slovenia, i due Paesi con cui il Friuli confina. “La situazione sanitaria è molto simile tra questi paesi e la nostra regione, tra noi, Austria e Germania”. Per questo è “inaccettabile che con la scusa del Covid si crei un dumping sul turismo, perché di questo si tratta, altro che paura del contagio, visto che c’è una situazione pandemica di tipo simmetrico”.
Quindi, se il Friuli non può riaprire i confini per fare entrare i turisti, è invece l’Italia che deve dare una risposta adeguata. “L’Italia deve muoversi a livello di comunità europea, in modo netto e serio”, afferma Fedriga. Spiegando che “è un dramma anche per le prenotazioni turistiche, nell’incertezza nessuno ancora sta chiamando i nostri alberghi e le nostre strutture”.
Giovanni Bernardi
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