Il drammatico problema delle morti nelle strutture per anziani colpite dal coronavirus non interessa solo l’Italia ma l’intero pianeta. E mette in luce la deriva della cultura della vita nell’epoca moderna.
Un approccio vergognoso per il quale gli anziani sono, in qualche maniera, sacrificabili, o quantomeno non degni delle stesse attenzioni rivolte al resto della popolazione. I dati parlano chiaro: solo in Italia esistono 4.630 residenze per anziani. L’Istituto superiore di sanità nel suo rapporto sul contagio da coronavirus nelle strutture residenziali e sociosanitarie sostiene che in Italia, dal primo febbraio, sono stati 6.773 i decessi, di cui il 40 per cento legato al coronavirus.
Ma le cronache ci dicono anche che in tutto il mondo il dramma è stato reiterato. Alcune stime sostengono che metà delle vittime dell’epidemia vivevano proprio all’interno delle case di riposo. Prefigurando una vera strage silenziosa, tra notizie e inchieste che arrivano in continuazione, ma che parlano di tutt’altro. Un vero e proprio popolo parallelo sterminato dal coronavirus e dimenticato dagli interessi della società. Che sono invece attratti da ben altro.
Per fare un tour degli orrori lungo tutto il pianeta, i dati ufficiali dicono che il 10 per cento delle vittime del coronavirus erano anziani che risiedevano all’interno delle case di riposo, anche se ancora non è possibile fare un conteggio preciso. Ma cui potrebbe emergere una percentuale molto più alta.
Nei giorni scorsi infatti il giornale americano Wall Street Journal ha domandato a tutte le amministrazioni il numero preciso delle vittime da coronavirus, e sono in 37 hanno risposto. Il totale degli anziani deceduti secondo queste risposte è di 2300. Ma considerato che sono a New York ci sono duemila defunti, il numero reale potrebbe essere ben maggiore.
Già a metà febbraio infatti, quando il virus faceva registrare ancora casi minimi, una sessantina in tutta la nazione, si è scoperto che in una struttura per anziani nello Stato di Washington 27 ospiti su 108 e 25 operatori su 180 erano positivi. A New York, diventato poi centro della crisi sanitaria, il primo focolaio è stato in due case per anziani con 175 deceduti.
Lo stesso in Spagna, dove al momento si contano ben 13.862 anziani morti nelle residenze, e pare che solamente la metà rientrino nei dati ufficiali. Il virus in Spagna ha attaccato principalmente le Rsa di città come Madrid e Valencia o dell’intera Catalogna. Duecento strutture locali sono state commissariate, e in tutte la mortalità è molto elevata.
In tredici residenze di Madrid si sono verificati 500 decessi dopo l’8 marzo, e le diverse ipotesi di reato vanno dall’omicidio colposo ai maltrattamenti e all’abbandono. A Barcellona il virus si è diffuso in 600 Rsa su un migliaio totale della regione, mettendo a rischio 35 mila anziani. In tutte queste, mancano strumenti adeguati per l’isolamento.
In Francia, il 40 per cento della mortalità è legata agli “istituti per anziani non autonomi”. Inizialmente non si contavano nemmeno, poi una volta diffusi i dati si è cominciato a capire il dramma di 6500 morti sui 18 mila totali dentro le Rsa.
In tutte le 5300 strutture diffuse in Francia mancavano mascherine, test, posti nell’isolamento e soprattutto volontà di comunicare i dati. Vicino a Cannes le famiglie degli anziani defunti hanno presentato denuncia contro ignoti per “omicidio involontario e mancata assistenza a persona in pericolo”.
In Gran Bretagna ci sono 16 mila decessi per coronavirus, di cui 4 mila nelle strutture per anziani, ma anche qui il conteggio sarà probabilmente inferiore alla realtà. In Inghilterra infatti a una certa età si va quasi sempre negli ospizi, diffusi in maniera capillare. E di fronte al coronavirus si è raccomandato di ricoverare gli anziani solo “se appropriato”.
Le ambulanze, in casi ritenuti non prioritari, possono rifiutarsi di trasportare pazienti a rischio. In Germania, ci sono ottocentomila persone che vivono nelle quattordicimila strutture per anziani. Su 140 mila contagiati quarantamila hanno più di sessantanni, e l’età media dei morti 3600 morti è di 82 anni.
Anche in Cina, in una Rsa per anziani di Wuhan, a inizio febbraio sarebbero morti 19 anziani, nonostante il diniego delle autorità. Che ha continuano a non fare esami post-mortem, il che potrebbe impedire di conoscere la realtà dei decessi da coronavirus.
Nonostante la cultura cinese, millenaria, in cui la cura degli anziani viene generalmente lasciata ai parenti più stretti, e dove il ruolo sociale dei nonni è centrale. Ma con il processo di urbanizzazione e di spopolamento delle campagne anche questi legami intergenerazionali si sono allentati.
La pandemia ha quindi acceso i riflettori sul drammatico modo in cui i nostri anziani sono spesso abbandonati quando vicini alla morte. Una cultura della vita e della morta che diventa deriva eutanasica verso gli anziani. E le vicende di tutto il mondo si accomunano per noncuranza, mancanza di prevenzione e di strumenti idonei, mortalità elevata spesso all’oscuro degli stessi parenti.
Nonostante i tanti operatori sanitari che con grande sforzo cercando di affrontare questo dramma per non lasciare andare i nostri anziani, che sono le nostre radici senza le quali non ci può essere futuro.
Giovanni Bernardi
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