In questi giorni è andato in scena sui media nazionali lo scontro tra favorevoli e contrari alle misure anti-Coronavirus.
I secondi, dipinti come “negazionisti”, non ci stanno, e replicano alle accuse. “Essere definito negazionista dopo aver visto personalmente ognuno dei circa 1.200 malati di Coronavirus curati al San Raffaele, dopo aver lavorato notte e giorno fino al 18 aprile nelle 5 rianimazioni dell’ospedale e dopo aver personalmente trasportato malati gravissimi nel mio reparto, mi porta a considerare gli autori delle accuse quali persone in malafede, che si espongono al rischio di querela per diffamazione”.
Parla con fermezza ma è infuriato, il prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano Alberto Zangrillo, che da giorni si spende per fare tornare gli italiani a una vita di normalità, visti i rischi legati alla segregazione in casa. Rischi di natura sociale ed economica, ma anche sanitaria, con le difese immunitarie che si abbassano quando la persona non esce alla luce del sole per un lungo periodo.
In Senato infatti nei giorni scorsi c’è stato un convegno bollato dai media a carattere univoco come il convegno dei “negazionisti” del coronavirus. A questo incontro, numerosi virologi di grande prestigio, accomunati da una posizione ben precisa. Ovvero dal fatto che non ci stanno a sottostare proni e a testa bassa alle misure di un governo che limita, in maniera quasi indiscriminata, le libertà personali dell’intera popolazione.
Anche in un momento in cui l’emergenza pandemica è, per fortuna e facendo gli scongiuri che non ritorni, ampiamente superata. Zangrillo sono settimane che spiega che “il virus è clinicamente morto”. Affermazione, ha spiegato, che al di là dei toni è stata criticata da molti ma smentita da nessuno. Mentre in realtà, compito della scienza è quello di discutere di prove e numeri, e non di opinioni. “L’ospedale San Raffaele e l’università Vita-Salute rispondono come sempre coi numeri, altro che pseudoscienza”, dice Zangrillo.
Al convegno ha partecipato anche il virologo Giulio Tarro da mesi proclama la necessità, per gli italiani, di tornare alla normalità della vita. Insieme a loro, Massimo Clementi e Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia antinfettiva (Sita). Che dichiarano senza remore o dubbi: non siamo negazionisti.
Al contrario, siamo medici, professori, ricercatori, rispondono. Che sanno di cosa parlano e non ci stanno a prendere per buono ogni proclama fatto da chi, al contrario, non sa di cosa parla. Ma che viene rilanciato dai militari del pensiero unico e omologante, lo stesso che dovrebbe esercitare il suo diritto di critica ma che ogni giorno combatte per accodarsi alle opinioni “main-stream”, di maggiore diffusione.
Clementi, ad esempio, ha parlato con dispiacere delle parole del suo collega infettivologo Massimo Galli, che ha polemizzato rivolgendosi in maniera diretta ai partecipanti al convegno, che già un mese fa avevano firmato un documento comune in cui hanno messo nero su bianco le loro opinioni. “Ad interpretarle alla lettera, le dichiarazioni suonano realmente offensive verso alcuni colleghi che si impegnano scientificamente in questa pandemia quanto lui e forse più”, commenta.
“Su che base ha titolo per dire chi può esprimere opinioni di tipo scientifico? C’è chi sta pensando ad un’azione legale. Per me queste parole scivolano via e, come dicevo, non mi sorprendono”. Clementi è così passato al contrattacco verso il professore Galli. ” C’è, da parte sua, un testardo perseverare nel mantra ‘il virus non è cambiato’, affermazione che non significa nulla se non la si contestualizza”, spiega.
“Caro Massimo Galli, come sai benissimo, i virus che cambiano non avvisano”, è il pensiero rivolto al collega. Spiegando inoltre senza mezze parole: “La macchina del fango ha raggiunto livelli inaccettabili. Ci deve essere un pensiero unico nella scienza? Non mi piace un Paese così: la medicina ha bisogno di pluralità e fermento di idee”, conclude.
Oltre a lui, anche Bassetti si è detto profondamente amareggiato delle accuse che gli sono state rivolte. “Sono schifato dalla macchina del fango”, spiega Bassetti senza parole. “Sono un professore universitario, faccio ricerca e non ci sto a farmi dare del negazionista da colleghi che, piuttosto, farebbero bene a leggere i miei lavori su questa malattia. È negazionista, piuttosto, chi nega il lavoro altrui”.
Zangrillo, replicando alle accuse torna alla base del mestiere del medico, che non è promotore di una verità precostituita ma che invece al compito di indagare una problematica al fine di giungere alla cura passando attraverso la verità della stessa. “Il medico cura, dice la verità, si preoccupa responsabilmente, infonde coraggio e, se sostenuto dalle evidenze, esprime fiducia e ottimismo“, spiega il prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
“Il medico ha una visione completa della complessa situazione sanitaria, che impone di dare risposte anche alle patologie che non si prevengono con la mascherina e il lavaggio frequente delle mani. Chi continua a scuotere la testa e allargare le braccia di fronte alle evidenze ha evidentemente altri interessi e farà presto una pessima figura”.
Giovanni Bernardi
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