Il coronavirus ha bloccato anche il lavoro della Congregazione delle Cause dei Santi, e le beatificazioni in precedenza previste per questi mesi, come tutte le altre manifestazioni, sono state rinviate.
La congregazione ha però riferito che Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione di nuovi Decreti che riconoscono le virtù eroiche di cinque personaggi. Si tratta di due figure molto importanti per la Chiesa.
Ricominciano le Cause dei Santi in Vaticano
Due sacerdoti impegnati nella cura delle anime e nella crescita dei fedeli. Un padre e una figlia uniti fino in fondo al proprio dolore da una fede incrollabile. Infine un ragazzo che ha puntato tutto su Dio cercando di accompagnare con sé anche i suoi coetanei, verso la conoscenza del Signore, l’unica che dà vera felicità.
Il primo è don Francesco Caruso, della diocesi di Catanzaro-Squillace, nato nel 1879. Fin da piccolo sognava di diventare sacerdote ma dovette dedicarsi al lavoro nei campi per la sua numerosa e povera famiglia di ben quindici figli. Dopo il servizio militare, però, provò ad entrare nel Seminario di Squillace. La domanda venne rifiutata, perché aveva appena frequentato le elementari.
Cause dei Santi. La fede di un parroco rurale a fine ottocento
Ma non si diede per vinto, e in otto anni si mise al pari fino all’ordinazione da sacerdote nel 1908. Divenne parroco di un paese rurale e 4 anni dopo diventò rettore del Seminario Vescovile di Catanzaro, per diventarne padre spirituale nel 1919. Pregò e offrì la vita per i seminaristi, mentre faceva anche il parroco di San Nicola Coracitano. Incarico a cui dovette rinunciare, per diventare in seguito Canonico Penitenziere della cattedrale di Catanzaro.
Nella sua vita promosse il il Terz’ordine Domenicano e l’impegno dei laici, e durante la seconda guerra mondiale accolse orfani e famiglie in parrocchia, mentre le bombe distruggevano la cattedrale, il seminario e l’episcopio. Morì nel 1951.
Due sacerdoti che hanno donato al Signore la vita
L’altro sacerdote è monsignor Carmine De Palma, nato a Bari vecchia nel 1876 e devoto di san Nicola di Bari. Dopo essere rimasto orfano, a dieci anni entrò nel Seminario della Basilica di San Nicola, e fu ordinato sacerdote a Napoli. Trascorse diversi mesi nel monastero di San Benedetto a Montecassino e si legò così alla spiritualità benedettina.
Diventando Oblato della Famiglia benedettina cassinese e direttore spirituale delle monache di Santa Scolastica a Bari. Rivestendo poi diversi incarichi nella basilica di San Nicola. Monsignor De Palma, che continuava a recarsi nella chiesa di Santa Scolastica nonostante la perdita quasi totale della vista, era conosciuto come “eroe del confessionale”. Dai suoi scritti sono state tratte le meditazioni del Rosario per l’Italia promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, trasmesso dalla basilica di San Nicola.
Due sposi santi accomunati dall’amore per Dio
Padre Francisco Barrecheguren Montagut e sua figlia María Concepción Barrecheguren García sono i protagonisti di due vite piene di dolore ma donate interamente a Dio, con la fede in Lui che non li ha mai abbandonati. Francisco, nato in Spagna nel 1881, nacque da una famiglia benestante ma stesse sempre vicino agli ultimi, da membro delle Conferenze di San Vincenzo De’ Paoli.
Nel 1904 sposò Concepción García Calvo e nel 1905 nacque María Concepción, detta Conchita, che da piccola si ammalò di enterocolite. Nel 1909 anche il padre cominciò ad avere forti disturbi allo stomaco. Conchita, per difendersi dai pericoli dovuti al suo stato, venne istruita in famiglia, dove maturò il desiderio alla vocazione religiosa.
Cause dei santi. La dura storia della piccola Conchita
Il modello di Conchita era santa Teresa di Gesù Bambino, a cui Francisco era devoto. La madre era afflitta da una malattia mentale che le fece frequentare ricoveri sin dal 1924. E la piccola Conchita si ammalò della stesso male, e finì anche lei in una casa di cura. Ma durante un pellegrinaggio a Lisieux chiese a santa Teresina di ammalarsi, proprio come lei, di tubercolosi.
Così arrivò la prima emottisi, e morì nel 1927 a ventidue anni. Dieci anni dopo morì anche la madre, e Francisco nel 1945 creò il Patronato “Conchita Barrecheguren”, rivolto all’istruzione dei bambini poveri. E donò i suoi beni alla congregazione delle Schiave dell’Eucaristia. Ultrasessantacinquenne, fu ammesso nell’Ordine del Santissimo Redentore e nel 1949 fu ordinato sacerdote. Morì d’infarto nel 1957. Oggi padre e figlia sono nella stessa tomba, nel Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso a Granada.
L’apostolato di Matteo Farina, uno dei nuovi santi moderni
Oltre a loro, Matteo Farina, nato ad Avellino solamente nel settembre 1990, e che ha vissuto a Brindisi. A nove anni fece un sogno, in cui vedette san Pio da Pietrelcina. Questo, nel sogno lo incoraggiava a portare agli altri il Vangelo, facendo capire a tutti che si può essere felici pur vivendo senza peccato. Da lì, Matteo cominciò la sua opera di evangelizzazione.
Cominciò a leggere ogni giorno il Vangelo, frequentò con grande attenzione la Messa domenicale e s’iscrisse all’Apostolato della Preghiera. Nel 2003 però, dopo avere ricevuto la Cresima, il ragazzo cominciò ad avvertire un forte mal di testa, insieme a dei problemi alla vista. Si trattava dei primi sintomi legati a un tumore cerebrale di terzo grado.
Un ragazzo dei giorni nostri che si interroga
Si iscrisse all’Istituto Tecnico e portò avanti la passione per la musica che gli venne trasmessa dal padre. Ma nel 2005 subì una craniotomia. Matteo voleva diventare sacerdote ma i genitori gli consigliarono di continuare con lo studio, finché la salute gli avrebbe dato le forze. Nel 2007 si fidanzò con Serena, prima di avere una recidiva e subire tre operazioni.
Tempo dopo non riusciva più nemmeno a parlare, ma continuava a recitare il rosario con la sua voce registrata. Fino alla morte in casa nell’aprile 2009. La sua fama di santità venne recepita dall’Apostolato della Preghiera della diocesi di Brindisi-Ostuni, che portò avanti la Causa. Nel 2017, al termine del processo diocesano, le sue spoglie sono state portate nella cattedrale cittadina.
Le riflessioni del giovane Matteo
In una delle sue riflessioni risalenti al 2005 Matteo si interrogava sulla difficoltà dei suoi coetanei a credere in Dio. La risposta, a suo avviso, stava nella mancata attenzine dei genitori, e che per questo i giovani andassero guidati non tanto all’obbligo di credere ma alla conoscenza del Signore.
“Per quanto mi riguarda, spero di continuare la mia missione di “Infiltrato” tra i giovani, parlando loro di Dio (illuminato proprio da Lui), perché credo che solo un giovane possa riuscire a parlare ad un altro giovane, o comunque possa farlo meglio di un adulto. Medito… e intanto osservo chi mi sta intorno, per entrare tra loro silenzioso come un virus e contagiarli di una malattia senza cura: l’Amore!”.
Giovanni Bernardi
Fonte: La Croce Quotidiano
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