Attesa per oggi la relazione del comitato economico, guidato dall’ex Ad di Vodafone Vittorio Colao, per la fase due. Non sarà un via libera ma un metodo per ritornare alle proprie attività.
L’idea che è stata consegnata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte è quella di una riapertura per gradi per accompagnare il paese alla convivenza con il virus. Con il rischio, però, che le aree del paese più in difficoltà possano tornare indietro nel caso in cui la situazione, dopo la riapertura, peggiori invece che migliorare.
Quindi l’ipotesi avanzata da Colao è quello di lasciare aperto uno spiragli a possibili nuove chiusure locali. Nei casi si verifichino nuovi aumenti di contagi, carenza di posti letto negli ospedali dedicati al coronavirus o nelle terapie intensive, e una mancanza di dispositivi di protezione personali necessari per la convivenza. Su tutti questi aspetti dovrà quindi essere fatto un controllo giornaliero e regolare.
La lista delle attività che potranno ripartire già dal 27 aprile verrà stilata in base ai dati dell’Inail, e si prevede che i primi a beneficiare del ritorno alla produzione saranno made in italy e aziende votate all’export. I settori dove il contagio è più basso sono quelli dell’automobile, della moda e i mobilifici, e del manifatturiero in generale, assieme ai cantieri edili. Ma anche qui, sarà il premier Conte a stilare il definitivo “cronoprogramma”.
Si parla di un numero di persone che potrebbe rientrare al lavoro tra i 2,5 e i 2,8 milioni, mentre i settori coinvolti ne occupano 4 milioni. Questo perché chi fa attività di ufficio e non di fabbrica, e già da oggi lavora in smart working, continuerà a farlo. Lo stesso per chi rientra nelle categorie a rischio per motivi di salute, che continuerà a lavorare da casa dove possibile. Mentre le altre persone sono già tornate al lavoro dopo la deroga dei prefetti per circa centomila aziende.
La riunione tra il premier e il comitato di Colao avrà luogo prima del Consiglio europeo, quindi tra mercoledì sera e giovedì mattina. Affinché Conte potrà chiudere la partita delle riaperture italiane per dedicarsi in un secondo momento alla questione europea, in cui si deciderà come finanziare la partenza, se aderendo al Mes o mettendo in campo i Recovery bond.
Il piano che Conte ha indicato e che intende mettere in atto per la fase due prevede un “rafforzamento delle reti sanitarie”. Poi, “l’intensificazione della presenza di Covid hospital” e un “uso corretto dei test”. E infine il “rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti sospetti”.
Il documento del gruppo di Colao però indica tra i maggiori problemi della fase due quello dei trasporti pubblici, in particolare nelle grandi città. A questo è dovuto lo scaglionamento degli orari di ingressi e di uscita dal lavoro, nella misura maggiore possibile. Come anche per scuole, università e negozi.
Si cerca cioè di eliminare il fenomeno delle ore di punta, in cui un gran numero di persone si trova ammassato sui mezzi pubblici. Un modo per farlo sarà anche incentivare la mobilità “sharing“. Ovvero l’uso della bicicletta in primis, e dei mezzi a due ruote in generale, o delle auto con noleggio a tempo.
Nelle grandi città potrebbe arrivare la sospensione delle limitazioni al traffico nelle aree centrali e ztl, in modo da permettere alle persone di raggiungere il posto di lavoro in auto. Con il rischio di ingorgare il traffico più che reale e concreto.
Per quanto riguarda l’utilizzo della app Immuni, nel documento del comitato economico nominato dal governo si spiega che questa avrà un ruolo fondamentale per il tracciamento dei contatti e il monitoraggio del rischio di una seconda ondata. Per questo dovrà essere uno strumento “utilizzato e diffuso”, si scrive nel documento.
Per motivi di sicurezza e privacy, ma anche per un’efficacia della stessa app, non ci dovrà essere un solo gestore dei dati, che devono essere incrociati tra loro per avere analisi approfondite. Anche se il tasso minimo di utilizzo dell’app per avere buoni risultati è del 60 per cento della popolazione, non si parla di incentivi o di obblighi all’utilizzo.
Giovanni Bernardi
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