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Coronavirus, salgono i contagi. Torna al centro il tema dell’app Immuni

In un periodo in cui il Coronavirus sembra ripresentarsi alla porta, seppure con numeri ancora bassi, c’è chi ripresenta l’appello a scaricare l’app Immuni.

Sono state infatti ben poche le persone che in Italia hanno scaricato l’app ideata dal governo per la prevenzione dei contagi. 5 milioni in totale, gli italiani che l’hanno installata sui propri telefonini, contro un minimo di 20 che servirebbe per il suo corretto funzionamento.

L’app Immuni e le sue problematiche

Complici le notizie che, in diverse occasioni lungo tutta la Penisola, hanno dimostrato non solo lo scarso funzionamento dello strumento, scaricabile sui propri smartphone, ma in alcuni casi anche il rischio insito nel suo stesso utilizzo.

Una donna a Bari è stata letteralmente imprigionata per colpa dell’app nella propria abitazione, nonostante avesse sempre preso tutte le precauzioni sanitarie e i familiari in casa con lei continuassero a risultare negativi ai test del virus.

Ritorna il virus, serve l’app Immuni?

Due ragazze a Brescia hanno utilizzato lo strumento affidandocisi ciecamente, e nonostante ciò, quando una delle due è risultata positiva al virus, l’app continuava a non segnalare nulla all’amica che passava gran parte del tempo con lei, esponendola al rischio.

Storie come queste, purtroppo, ce ne sono state molte. E dimostrano la scarsa efficacia degli strumenti usati dal governo, quando non, in molti casi, l’effetto del peggioramento e della moltiplicazione dei rischi insiti nella pandemia e nelle misure che ne derivano.

I contagi risalgono. C’è chi invita a scaricare Immuni

Ora però, che pare i contagi stiano piano piano risalendo, c’è chi ricomincia a gridare della necessità dell’utilizzo di quest’app tanto decantata, ma ben poco lodata a posteriori da chi ne ha fatto utilizzo. Le persone si muovono in città senza alcuna misura di sicurezza.

Indossare la mascherina o chiedere informazioni sulle regole da adottare è quasi difficile. La risposta contrariata degli esercenti è quasi un must. L’app potrebbe aiutare a fermare il contagio? Sono in molti a dubitarne ampiamente. La fiducia nelle istituzioni, oggi come non mai, è al minimo storico.

Le difficoltà economiche dietro l’angolo

Le difficoltà economiche sono dietro l’angolo, da cui si generano inevitabilmente quelle sociali. Quelle sanitarie? Non è chiaro. La comunicazione sul virus è spesso incerta. Si confonde il contagio con la malattia, il virus con i suoi effetti, spesso inesistenti, per gli asintomatici. Si grida all’untore, ma non si sa chi sia. Ieri gli anziani, oggi i giovani.

Per non sapere che fare, si chiudono le discoteche, in questi giorni eccessivamente piene. L’app, qualora funzionasse come deve, ci indicherebbe il punto in cui si rischia il contagio. Dove si trova la persona che ha contratto il virus, con chi è entrata in contatto. Con molte imprecisioni, però, che rendono il suo funzionamento quasi inutile.

Quando l’ideale è ben distante dalla realtà

Di certo, oltre che avvisarci, non può fare nulla. Non può impedire che ci contagiamo. Può obbligarci a stare in casa, qualora fossimo positivi. Ma una volta scoperto di esserlo, dovremmo comunque stare in casa.

Ci inviterebbe a sottoporci al tampone, nel momento in cui incrociamo una persona positiva. Quando le autorità sanitarie ci concedono di farlo. Perchè, come nel caso della signora di Bari, nel caso in cui l’app segnala che siamo entrati in contatto con un positivo, le autorità ci invitano a stare a casa senza avere la possibilità di verificare se lo siamo veramente.

Questa è la realtà, ben lontana dagli ideali che vedono un normale funzionamento di un’app come la panacea di tutti i mali.

Giovanni Bernardi

Giovanni Bernardi

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Giovanni Bernardi

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