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Coronavirus: perché non dobbiamo preoccuparci dei contagi in crescita

In queste ore stiamo purtroppo assistendo a un deciso rialzo dei numeri di vittime e di contagi legati al coronavirus.

photo pixabay

Cifre per le quali però “non dobbiamo spaventarci”, almeno per quanto riguarda l’evoluzione futura. Lo afferma il virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco. Il medico tenta così di rassicurare gli italiani a proposito dei dati che tuttavia, a primo impatto, possono allarmare.

Contagi, come leggere i dati a prima vista allarmanti

Nell’ultimo giorno infatti in Italia sono stati registrati 813 nuovi casi, contro i 451 di ieri, quasi la metà. Lo stesso per i decessi, che sono saliti a 162 contro i 99 del giorno precedente, facendo registrare una risalita. Per un giorno il Paese era riuscito ad arrivare sotto alla cosiddetta soglia psicologica dei 100 contagi, anche se purtroppo è durata solo una giornata.

Lo stesso in Lombardia, dove i contagiati sono tornati 462 nell’ultimo giorno, mentre ieri registravano solamente 175 nuovi casi. I decessi sono saliti a 54 nelle ultime 24 ore contro i 24 della giornata precedente. Rispetto a questi dati però il virologo Pregliasco ha provato a tranquillizzare tutti, parlando con Adnkronos. “Osserviamo un leggero peggioramento su Milano e Bergamo  a fronte però di tantissimi tamponi fatti rispetto a ieri”, ha spiegato.

Quali sono i numeri e perché non devono preoccupare

Infatti se si entra nel merito del numero dei tamponi effettuati, la Lombardia ne ha contati nell’ultimo giorno 14.918 contro i 5.078 di ieri. Anche a livello nazionale il numero di test è salito, passando da 3.041.366 a 3.104.524 tamponi. Per il numero dei testati, si è passati da 1.959.373 a 1.999.599. Un dato che rappresenta un elemento molto importante rispetto alle cifre grezze che sono emerse sui giornali, e che per questo andrebbero relativizzate.

“Il dato dei tamponi è fondamentale”, spiega il medico. “È importantissimo guardare a quanti ne vengono fatti, perché significa avere la capacità di scovare quanti più casi possibili”. Il dato quindi che riguarda i decessi, ha spiegato Pregliasco, “non è indicativo: riguarda pazienti che arrivavano da una malattia di lunga durata, legati ancora alla fase iniziale dell’epidemia. Persone malate da 3-4 settimane”.

Il bollettino dei contagi non fotografa la fase due

Così, al netto delle considerazioni del virologo, possiamo vedere che il bollettino che preoccupa in queste ore, in realtà, si limita a fotografare “una fluttuazione che evidenzia una circolazione del virus ma ancora i dati non sono correlabili agli effetti della fase due”.

Al contrario, i positivi segnalati soltanto ora hanno a che fare con la situazione di una settimana fa. Perciò, bisognerà aspettare alcuni giorni per vedere quale sarà il vero impatto delle riaperture, e per trarre quindi le conclusioni sulle misure che il governo dovrà prendere. Se cioè continuare con l’allentamento delle restrizioni oppure tornare indietro e inasprire nuovamente i divieti.

“Questi dati non devono spaventarci ma ricordarci l’importanza di non abbassare la guardia e di rispettare le misure di distanziamento fisico”.

Giovanni Bernardi

fonte: adnkronos.it

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