Il coronavirus si sta indebolendo? Non ci sono “evidenze sperimentali”, risponde il virologo veneto Andrea Crisanti. Che spiega: merito delle mascherine.
“Non c’è nessuna evidenza sperimentale che il virus si sia indebolito; poi un virus non è debole, forte, buono o cattivo, un virus è più o meno virulento e ha una capacità di trasmissione che si può misurare. Il resto sono stupidaggini”. Si tratta di quanto affermato dal direttore di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova Andrea Crisanti, parlando durante un collegamento con una trasmissione di Rai3.
Crisanti ha spiegato che l’andamento del virus può essere misurato in base alla sua diffusione, e che le differenze di dati registrate in queste ore possa semplicemente essere conseguenza dell’uso di precauzioni sanitarie, come ad esempio le mascherine. “Sulla base di evidenze sperimentali fatte su grandi modelli si dimostra che quando un virus entra in un una nicchia ecologica, che siamo noi, la virulenza in genere aumenta invece di diminuire”, ha detto Crisanti.
“Il fatto che oggi si vedano casi meno gravi è esclusivamente dovuto ad una diminuzione della carica virale in gran parte dovuto all’uso delle mascherine. Perché se io uso la mascherina, il mio interlocutore usa la mascherina, la quantità di virus che ci trasmettiamo è molto più bassa. La carica virale ha un impatto gigantesco sull’evoluzione della malattia. Se uno si infetta con molti virus o con pochi, si ha un decorso completamente diverso”.
Grazie ai consigli di Crisanti, quelli cioè di fare tamponi al maggior numero di persone durante la fase del picco di coronavirus e di non ospedalizzare i malati, in antitesi anche alle indicazioni che arrivavano in quei giorni dall’Oms, il Veneto ha superato in maniera brillante una crisi che poteva diventare molto più devastante.
Sul tema dell’Idrossiclorochina in via preventiva, che persino il presidente americano Trump ha spiegato di utilizzare ogni giorno, Cristani ha risposto in maniera molto scettica. Io non la prendo e penso che tutte le persone di buon senso non la dovrebbero prendere. Non c’è nessuna prova che abbia un effetto di prevenzione”.
Sul tema invece molto critiche, per i bambini e per le famiglie, della riapertura delle scuole, Crisanti è invece molto più disposto all’apertura. “forse si sarebbe potuto fare delle piccole sperimentazioni, piccole aperture per vedere come era possibile gestire questa situazione; nessuno può programmare scrivendo delle norme e prevedere come potrà essere”, sono le sue considerazioni.
Basate sul fatto che i bambini fino a dieci anni rappresentano secondo tutte le evidenze riscontrate finora, “la fascia di età più resistente alla malattia”. E che quindi “è difficile trovare bambini positivi; se sono positivi, lo rimangono per pochissimo tempo, un giorno massimo, non manifestano nessuna sintomatologia; nella maggior parte dei casi è molto raro trovare bambini che si ammalano”.
“D’altra parte i bambini non hanno la consapevolezza del distanziamento sociale per cui chiaramente entrano frequentemente in contatto tra di loro”, continua Crisanti. “In più c’è il problema di chi li porta a scuola e li va a prendere e queste sono fonti di assembramento: sicuramente questa è una situazione che favorisce il contagio“.
Giovanni Bernardi
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