Coronavirus, per uscire dalla crisi bisogna imparare dal passato

Una volta finita l’emergenza del coronavirus, e “le macerie lasciate saranno evidenti”, “bisogna immaginare per ricostruire”.

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Alcide De Gasperi con la figlia Maria Romana. Lo statista trentino fu il fondatore della Democrazia Cristiana – sourceweb

L’appello, lanciato nelle scorse settimane dal direttore dell’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, oggi più che mai è di dirompente attualità. Nel giorno della Liberazione, siamo del tutto immersi in una lotta contro un male invisibile e violento, che ha già portato via dolorosamente tante vite in un tutto il mondo. Più di quante ne possa fare una guerra. Ad oggi, se ne contano in tutto il globo centosettantacinque mila.

Coronavirus, il Papa: pensare al bene comune

Il quotidiano pontificio, infatti, nelle scorse settimana ha lanciato un appello chiaro e forte in cui si spiega quanto sia auspicata la nascita di una politica nuova, che pensi al bene comune e di tutti e non dei singoli partiti, e che sia in grado di ripensare dalle fondamenta le strutture sociali economiche in cui siamo immersi. Che San Giovanni Paolo II, ricordiamolo, chiamava “strutture di peccato”.

Vale a dire, che prima del bene della persona umana e della vicinanza al Signore mettono in primo piano sempre e solo il dio denaro, l’interesse materiale ed egoistico dei potenti e dei ricchi. L’ha detto Papa Francesco pochi giorni fa, durante l’omelia da Santa Marta. “Per i partiti politici nei diversi Paesi, perché in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito”.

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Papa Francesco ha invitato i politici a pensare, nella crisi del coronavirus, al bene di tutti e non solo dei partiti

Oggi c’è mancanza di profezia

“È vero, esistono persone che hanno la capacità della pre-visione, di prevedere”, e si tratta di un arte, quella di “sapersi muovere anche nelle situazioni di difficoltà, di prepararsi per l’azione al tempo delle avversità, di sapere quindi progettare il futuro”, ha scritto il direttore Andrea Monda. “Ma esiste davvero questa gente di cui parla il Papa? Ci sono persone che, già oggi, riescono a pensare a domani?”, è la domanda che circola in Vaticano.

“La crisi che il mondo sta vivendo sembra aver messo in crisi anche la capacità della previsione, come se ci fosse una carenza di profezia“, è quanto si avverte negli ambienti della Curia e che viene rappresentato dal quotidiano. “È talmente radicale, estrema, l’emergenza che sta attanagliando giorno dopo giorno le diverse nazioni e continenti che vengono colpiti dal virus che sentiamo di non essere in grado di progettare, di pensare al mondo che verrà dopo la fine della pandemia”.

Coronavirus, mancano punti di riferimento

Il male che stiamo vivendo è infatti nuovo ma anche “al tempo stesso antico e inedito”-. Per questo ci disorienta, facendoci “perdere i consueti punti di riferimento“. Di tutto ciò, le istituzioni politiche, specialmente se orientate cristianamente, dovrebbero intravedere una via d’uscita che cerchi il bene della popolazione, la strada verso la concordia nel quale è sempre possibile coltivare la relazione con il Signore.

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Giorgio La Pira, nella foto con Paolo VI, è ricordato a Firenze come il “sindaco santo”

Purtroppo, però, non sembrano andare così le cose. “Le istituzioni politiche che dovrebbero esercitare il ruolo di guida, sembrano non avere parole per reagire alla sfida dell’oggi e visioni per immaginare il futuro”, scrive Monda. Basterebbe invece guardare indietro nella storia, anche quella relativamente recente dell’Italia repubblicana, per rintracciare il solco lasciato da grandi uomini e statisti cattolici, oggi servi di Dio. Come Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira o Benigno Zaccagnini.

Guardare agli statisti cattolici del passato

“Se vediamo indietro nella storia, sia quella civile che della Chiesa, vediamo che in realtà la storia presenta delle figure di uomini capaci di leggere in anticipo l’evolversi del tempo e di intervenire con spinta innovatrice e riformatrice”, scrive infatti il quotidiano della Santa Sede.

Già durante la guerra infatti, e al termine di questa, i grandi statisti cattolici cominciarono a pensare al dopo. “Noi oggi, ci dobbiamo preparare, dobbiamo pensare al dopo, a quando il fascismo sarà caduto, perché non ci vorrà molto”, disse De Gasperi già nel ’38, come scrive il politico Adriano Ossicini nella sua autobiografia.

Mattarella ha celebrato il 25 aprile da solo – Websource Archivio

Durante la guerra, la Chiesa pensava già al domani

In quegli anni in Vaticano, racconta invece lo storico Giuseppe Sangiorgi in un saggio su De Gasperi, già si cominciava “a preparare le schede della democrazia, una serie di studi monografici su vari temi, dalla politica estera e interna all’economia e alle questioni sociali, tutto materiale che poi confluì nei lavori dell’Assemblea Costituente”.

Tutto ciò fa osservare al direttore Monda che in quell’epoca storica “i cattolici arrivarono preparati alla sfida della ricostruzione del paese, grazie al lavoro di persone come lo statista trentino”. A differenza di oggi, dove purtroppo, sempre di più, l’impressione è che nelle stanze del potere si navighi a vista contro un male a oscuro di cui non si conosce né la provenienza ma ancora meno la direzione.

Mai perdere la speranza, con Gesù nel cuore

Tuttavia, non bisogna perdere la speranza. Ma cercare di mantenere i nervi saldi nell’attesa del momento in cui, nelle retrovie, uomini e donne che portano Gesù nel cuore possano scegliere le soluzioni giuste per il bene del Paese.

Coronavirus Eucarestia
Preghiamo il Signore affinché la società ritrovi la strada dell’amore e del bene comune

“Questi uomini dunque esistono, e il Papa ci esorta oggi a pregare per loro, perché senza l’aiuto degli altri e delle loro preghiere, essi non avrebbero potuto svolgere il loro lavoro profetico di cui sempre, non solo oggi, il mondo ha bisogno”.

Giovanni Bernardi

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