“La curva ha iniziato la discesa e comincia a scendere anche il numero dei morti. Dovremo cominciare a pensare alla fase 2 se questi dati si confermano”.
Si tratta della fase pronunciata in conferenza stampa dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro. I dati del 5 aprile infatti indicano la crescita dei decessi più bassa dallo scorso 19 marzo, ovvero 525 nelle ultime 24 ore. Con una diminuzione sia delle persone in terapia intensiva che del numero dei ricoverati.
I numeri in decrescita
“Il numero dei nuovi casi è in fase decrescente e ci aspettiamo che anche i decessi vadano in decrescita. L’atteso è che nei prossimi giorni vedremo ancora questo trend diminuire”, ha commentato Brusaferro. Ma a seguito della dichiarazione, il dibattito tra scienziati, come vediamo dall’inizio dell’epidemia, è ampio. E sui giornali appaiono numerose voci spesso in contrasto tra loro.
Per esempio, il fisico italiano della Northeastern University di Boston Alessandro Vespignani, romano e uno dei maggiori esperti di “epidemiologia computazionale”, ha affermato che “l’Italia si sta avvicinando a un punto di inversione, ma dobbiamo avere pazienza e usare queste settimane per programmare il futuro che non potrà che essere emergenziale”.
“Prematuro parlare di fase due”
Altri scienziati, invece, bollano molto più semplicemente come “prematuro” parlare di fase due. Il direttore sanitario dell’ATS Milano Vittorio Demicheli spiega infatti che prima “bisogna far abbassare la pressione sugli ospedali: se riesplodesse il virus ora sarebbe tremendo. Come minimo, aspetterei metà maggio“.
Secondo l’opinione dell’infettivologo, per la riapertura bisognerà procedere per gradi. “La fase due dovrebbe prevedere lo stop a tempo di eventi e luoghi di massa: stadi, concerti, cinema, teatri”. E bisognerebbe imporre un ampio utilizzo di mascherine, distanziamento sociale, obbligo di quarantena anche con sintomi lievi e tracciamenti con dispositivi tecnologici.
L’ipotesi di contagio zero non prima di metà maggio
Il biochimico Enrico Bucci, invece, sostiene che “il contagio zero non ci sarà prima di metà maggio”. E che “a metà aprile si saprà qualcosa dai test sul farmaco Remdesivir”. Ma fino a che non si avranno certezze da farmaci e vaccini non cambierebbe nulla per il virus, perché “anche arrivasse a zero potrebbe riprendere“.
Tuttavia, quello che emerge è che non c’è vera chiarezza. Si fanno ipotesi una dietro l’altra, ma se queste non saranno suffragate dai dati potrebbero lasciare il tempo che trovano. In parole povere, dovremo aspettare e vedere giorno dopo giorno cosa succederà. E quante persone si presenteranno fisicamente negli ospedali, e quante altre perderanno la vita.
La diffusione e gli effetti delle misure prese
Per entrare nel dettaglio dell’andamento dei contagi, gli esperti Castiglioni e Della Zuanna sul sito Neodemos spiegano che in realtà il numero quotidiano dei contagi, in Italia, avrebbe cominciato a diminuire intorno alla metà di marzo. Visto che i nuovi ricoveri, con una degenza media di venti giorni, derivano da contagi avvenuti circa dieci giorni primi. E che quindi le misure prese a livello nazionale avrebbero raggiunto effetti positivi.
Specialmente nel centro-sud, dove il contagio avrebbe frenato senza raggiungere i numeri del nord. L’unica regione che tuttavia fa registrare un aumento dei nuovi ricoverati in terapia intensiva resta l’Emilia Romagna. In particolare nelle province di Piacenza e Rimini.
Riapertura attività: sarà scelta politica
Per quanto riguarda la riapertura delle attività, quindi, sarà una scelta che dovrà compiere la politica. Come ha realisticamente affermato anche il virologo e consulente della Regione Veneto Giorgio Palù: “è bene che virologi, o sedicenti tali, non pensino di fare il lavoro di Conte”.
La risposta del Presidente del Consiglio, a sua volta, è arrivata ieri ai microfoni dell’emittente americana Nbc. “In questo momento non posso dire quando il lockdown avrà fine”, ha detto Conte. “Noi stiamo seguendo le indicazioni del comitato scientifico ma l’Italia è stata la prima nazione ad affrontare l’emergenza. La nostra risposta forse non è stata perfetta ma noi abbiamo agito al meglio sulla base della nostra conoscenza. La validità delle nostre misure è stata riconosciuta dall’Oms e i risultati indicano che noi siamo sulla strada giusta“.
Dall’inizio dell’epidemia, in Italia sono state contagiate 128.948 persone e 15.887 sono decedute. Mentre nel mondo sono oltre 69 mila i morti e oltre 1,2 milioni gli infetti.
Giovanni Bernardi
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