E se il coronavirus ci chiamasse anche a ripensare la struttura del sistema economico della nostra società?
La domanda non è peregrina. Quando Dio permette il male, i cristiani sanno che lo sta facendo per permetterci di raggiungere qualcosa di più grande. Il Signore non vuole mai il male per i suoi figli, per questo sta a noi capire quali siano i Suoi piani nei nostri confronti.
Il coronavirus ha messo alla dura prova la nostra società. Tante persone sono contagiate. I sistemi sanitari sono in grande difficoltà, dopo i lunghi maltrattamenti che hanno subito gli ospedali pubblici. La gran parte delle aziende e delle fabbriche sono state chiuse, mettendo a repentaglio il sistema economico e la stabilità di molti cittadini, e quindi la salute di molte famiglie. E oltre a tutto questo, ogni giorno si continuano a contare, con lancinante dolore, i numerosi morti per colpa di questo terribile virus.
Conversando tuttavia con amici e conoscenti, vicini di casa, dai balconi, in rete, o nei pochi spazi di socialità che ci sono rimasti al supermercato o alle poste, spesso si sente dire che, in qualche modo, questa società così frenetica e imbizzarrita aveva bisogno di uno stop. Perché tutti stavamo correndo, ma senza sapere dove.
Anzi, gli studi scientifici, e anche il nostro Papa, ce l’hanno spiegato bene più volte. Il rischio era quello di correre verso uno strapiombo, quello della distruzione del nostro pianeta, del Creato donatoci da Nostro Signore. Perché i tassi di sostenibilità ambientale non reggeranno al confronto dei nostri ritmi di produzione e di consumo. Basta leggere l’enciclica Laudato Sì per sentire le parole del Pontefice e il suo insegnamento a riguardo.
Alla base di tutto questo, infatti, non c’è altro che una società fondata sull’idolatria del dio denaro. Un mostro che ha messo a dura prova gran parte delle nostre vite. Sia di chi viene scartato e messo ai margini del sistema produttivo economico e sociale. Sia di chi invece ci sguazza dentro, preda di peccati durissimi, schiavo di cupidigia, invidia, bramosie, incapace troppo spesso di amare il prossimo, talvolta persino i propri familiari.
È così bastata quella che inizialmente veniva definita una semplice influenza, per mettere a soqquadro una società fondata sulla sabbia, e per questo fragile, piuttosto che sulla legge del Signore. Le persone sono infatti così sfiduciate dallo Stato e dagli organi pubblici che si dirigono nei supermercati per svuotarli, in preda alla paura di restare senza il pane quotidiano.
Cerchiamo allora di riflettere sul perché ci troviamo in questa situazione. Oggi viviamo in una società di mercato, che ci arricchito incredibilmente negli ultimi decenni, permettendoci ogni progresso e benessere, questo va riconosciuto.
Ma allo stesso tempo, ci ha gettato in una quotidianità dove tutti vogliono vendere tutto a tutti i costi, dove si vuole fregare costantemente il prossimo senza guardare in faccia a niente e nessuno. Dove etica e moralità sono due parole utilizzate soltanto per sciacquarsi la bocca, due suoni che non hanno alcun legame con il loro vero significato.
La pubblicità ci invita a comprare senza fine, a sostituire il vecchio solo per moda, illudendoci che il pianeta abbia risorse infinite, che l’inquinamento non sia un problema, che la vita nello smog e nel traffico sia sinonimo di successo. Ci hanno fatto credere che non avere legami e affetti di alcun tipo sia un obiettivo raggiunto. Che non avere rispetto per la vita e per la natura sia un obiettivo auspicabile.
In realtà però, avremmo alternative. Come ad esempio cercare di essere il più autosufficienti dal punto di vista alimentare ed energetico. O di tornare a ripopolare le campagne e le province, sempre più abbandonate alla miseria, allo spopolamento e a loro stesse.
L’Italia dispone di ricchezze incredibili infatti nel settore agroalimentare, che è sempre più lasciato alla concorrenza di prodotti che arrivano dall’altra parte del pianeta, e a prezzi di lavoro da schiavitù, spesso collimanti con la tratta degli esseri umani e la corruzione.
Mentre oggi il Paese è pieno di terre abbandonate e campagne che vanno in rovina, tanto da spingere molti comuni a investire in proposte per fare tornare i loro giovani, ma con scarsi risultati. Sessant’anni fa il 30 per cento della popolazione lavorava nell’agricoltura, oggi solo il 4 per cento. Ma coltivare la terra oggi, con la tecnologia che si ha a disposizione, non richiede la fatica che impiegavano i nostri nonni.
Così spesso, di questo ben di Dio ne approfittano stranieri che avranno poco interesse sentimentale e di appartenenza, rischiando di non dedicare cura e attenzione. Per fare questo, però, bisognerebbe smettere di cementificare le città cercando di farci arrivare più persone possibili dalla provincia, ma senza offrire alcuna prospettiva, né in termini di legami sociali che ormai tantomeno di lavoro. Nelle province e nelle campagne ci sono migliaia di alloggi vuoti e in disuso.
Lo stesso dal punto di vista energetico. L’Italia potrebbe produrre molta della sua energia grazie alla sua posizione geoclimatica. Senza parlare della sua cultura, ormai quasi del tutto abbandonata dalle nuove generazioni, e le sue tradizioni, grazie alle quali sarebbe possibile ricostruire legami comunitari oggi pressoché inesistenti.
Forse, su tutto questo, bisognerebbe rifletterci. Le strade del Signore sono infinite, e Lui conosce bene i suoi figli, che ama in maniera infinita. Chiediamo a Lui di indicarci la strada nella preghiera.
Giovanni Bernardi
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