I Governi puntano ovunque ad introdurre norme più rigide. Così, dalla Germania all’Italia, si mette in luce l’inutilità dei divieti con ricorsi o raggiri.
In Germania ad esempio, a Monaco, una settimana fa è stata disposta la chiusura dei bar e dei ristoranti a partire dalle 23 alle 6 come misura di contenimento contro la diffusione del covid-19. Il tribunale amministrativo di Berlino ha però annullato questo regolamento, accogliendo il ricorso di una dozzina di locali.
Il giudizio è che il provvedimento disposto dalle autorità pubbliche tedesche risulta essere sproporzionato. I gestori dei bar, infatti, nel ricorso hanno affermato che la chiusura dei luoghi di ritrovo non impedisce affatto ai giovani di incontrarsi altrove. Ad esempio, nei tanti altri luoghi in cui vengono contemplate le misure di igiene contemplate nei locali. Per cui il provvedimento risulta essere del tutto inutile, oltre che controproducente per l’economia.
La vicenda suscita però una riflessione importante anche per quanto riguarda il caso italiano. Dove l’unica risposta possibile è sembrata sin dall’inizio, e continua a sembrarlo tutt’ora, quella di una gestione autoritaria e paternalistica della crisi. In cui si dice continuamente ai cittadini per filo e per segno cosa devono fare, fin dentro le proprie case, ma ci si dimentica in primis di mettere in pratica quello che si chiede agli altri.
Con la conseguenze, poi, che se non si lascia ai cittadini stessi nelle proprie mani la responsabilità delle proprie azioni, questi finiranno per trovare strade alternative per svincolarsi agli imperativi del governo, con uno stile sempre più novecentesco e autoritario che moderno e consapevole.
Non è normale che lo Stato si permetta continuamente di dire ai cittadini cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa si può e non si può fare, persino dentro le chiese, il luogo di maggiore libertà e intimità che esiste per una persone. Addirittura fin dentro casa propria, cercando di spiegare come comportarci con i propri familiari e figli, persino sotto le coperte con il proprio partner.
L’unica reazione possibile a questo tipo di imposizioni è giocare con la stessa moneta. È il caso di un barista di Catanzaro, Aldo Manoieri, titolare del Bar Plaza Cafè. In risposta all’ultimo dpcm entrato in vigore lo scorso 14 ottobre, il titolare del bar ha messo in piedi la sua interpretazione del singolare provvedimento del Governo Conte.
“Ho chiuso il bar a mezzanotte del 14 ottobre e l’ho riaperto quindici minuti dopo”, ha spiegato il barista. “Nel dpcm c’è l’orario di chiusura che ho rispettato ma non è indicato l’orario di riapertura e io ho che un’attività h24 ho riaperto subito dopo“, racconta l’uomo al quotidiano La Nuova Calabria. Mettendo in luce in questo modo una falla nel decreto dell’esecutivo.
“Verso mezzanotte e 25 ho avuto il primo controllo delle forze dell’ordine che mi hanno intimato di chiudere. Facendogli presente quello che c’è nel dpcm abbiamo constatato che non c’è un orario di riapertura. Io quindi a che ora dovrei riaprire? Questo è l’interrogativo”, si chiede l’uomo, che ha continuato la sua attività tutta la notte. E che continuerà a farlo.
“Tutto nasce da chi ha scritto questo dpcm, non sanno nemmeno quello che scrivono e io mi adeguerà a quello che c’è sul dpcm e io chiudero a mezzanotte e riaprirò quindici minuti dopo”. Di fatto è così: nel dpcm non c’è alcun orario di riapertura per i locali, al di là di chiudere a mezzanotte, con consumo al tavolo. E alle 21 in assenza di consumo al tavolo.
Lo stesso è accaduto a Bologna, per il bar di fronte alla Stazione Centrale, il Mavit Bar. “Nell’ultimo Dpcm del 13 ottobre hanno dato un orario di chiusura dei locali, ma non uno di apertura. Quindi, io posso chiudere alle 24 e riaprire alle 24.01“, ha spiegato al Corriere di Bologna il titolare, Andrea Ferrari.
Abbiamo scelto di stare chiusi un’ora per sanificare tavoli, locali e spazi e riapriamo all’una, che è già il giorno dopo. Dobbiamo lavorare per consentire ai nostri dipendenti di andare avanti“.
Di fatto, “non stiamo facendo nulla di irregolare per il Dpcm, se ho il servizio al tavolo posso continuare fino alle 24, se non ho il servizio al tavolo fino alle 21, ma, potenzialmente, potrei fare servizio da asporto, ha spiegato.
“Per evitare fraintendimenti, abbiamo scelto di chiudere a mezzanotte e riaprire il giorno dopo, cioè all’una vendendo da asporto panini e brioche“. Il punto, ha sottolineato il proprietario del locale, è che “il Dpcm è stato pensato per i luoghi della movida, qui noi svolgiamo un servizio per viaggiatori e turisti”.
Giovanni Bernardi
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