“La nostra speranza è una persona: il Cristo risorto. Il suo Spirito di fuoco vuole perforarci. Un iceberg, per quanto grande e compatto possa essere, può sciogliersi con una potente fonte di calore”.
Sono le parole di Suor Verónica Berzosa, la fondatrice della comunità Iesu Communio, il cui carisma è nell’evangelizzazione che mostra la felicità infinita di vivere solo per il Signore e con il Signore. La sua riflessione, pubblicata dalla rivista Il Timone, entra nel bel mezzo del duro periodo di coronavirus che stiamo vivendo, e diventa una catechesi che accompagna i cristiani nella tempesta.
La fondatrice di Iesu Communio. Una vita in Cristo e per Cristo
In queste settimane infatti i membri di Iesu Communio hanno ricevuto centinaia di chiamate da parte di persone che si sono ritrovate in forte difficoltà da un momento all’altro. E che chiedevano preghiere per loro e per i loro cari malati, colpiti dal virus, deceduti. Una delle questioni che poi hanno rivolto spesso è sul perché Dio permette tutto questo male e dolore.
Domande che hanno invitato suor Veronica a riflettere sul “vero fondamento della speranza umana e sulla fragilità degli idoli in cui, non di rado, l’uomo cerca la propria salvaguardia”. Il dolore di Cristo infatti, spiega la sorella, “è veramente il prezzo dell’amore”. “Lui ci ha amato fino alla fine”, e “la più grande sofferenza e povertà dell’uomo oggi è non riconoscere l’assenza di Dio come assenza”.
La domanda che risuona di fronte al male: per cosa viviamo?
“Per cosa vogliamo la salute, perché viviamo?”, è la domanda che risuona nelle parole di suor Veronica. Una questione che nell’ambito della crisi del coronavirus acquista un’importanza molto più radicale e pregnante.
È infatti di fronte al male imprevedibile che si spalancano gli abissi della condizione umana e della miseria della vita di ciascuno di noi, redenta solo dalla presenza del Salvatore che si incarna nella vita cristiana vissuta in intensa comunione con Lui. Un fatto ben noto a suor Veronica e alla sua comunità già prima dell’arrivo del coronavirus.
La necessità di tornare a Dio che si è fatta urgente
Ma che tuttavia per molti era rimasto in ombra, nascosto, per nulla scontato. Anzi, spesso dimenticato. La necessità di tornare radicalmente a Dio si è così fatta bisogno urgente e pressante in queste settimane, e lo sarà sempre di più nei mesi e tempi a venire. La scelta sarà sempre più chiara: o Dio, o lo strapiombo.
“La tempesta passerà, molti sopravvivranno con molte ferite. Ma davvero stiamo solo aspettando la fine della pandemia per tornare a vivere come stavamo facendo?”, chiede ancora la sorella.
Il nemico letale non è il virus, ma la mancanza di significato
“Una breve occhiata al nostro mondo spezzato: la sofferenza nelle famiglie, i nostri figli hanno un ambiente per crescere sani? Vediamo i volti dei giovani orientati e felici? Così tante volte lasciamo i nostri anziani fuori dalla nostra vita e li costringiamo a una solitudine profonda, cerchiamo di nascondere alla vista ciò che mostra i nostri limiti: malattia, morte”.
Così la conclusione diventa lucida e lampante agli occhi di chi ascolta le parole della religiosa. “Credo sinceramente che il nemico letale non sia il virus, ma la mancanza di significato in tutta la nostra vita”.
L’uomo si è creduto superiore a Cristo e si è affondato
Come per il Titanic, l’uomo ha creduto di potersi fare superiore a Dio. Così è andato incontro inevitabilmente alla sua disfatta. Ora però è il momento di prenderne atto e di ricostruire. Pensare di poter passare sopra a questa lezione significa non vedere nulla di ciò che abbiamo davanti. Di ritrovarci ciechi nella tempesta e di fronte al burrone.
“L’uomo, dimenticando Dio, finisce per ingrandirsi e vive nella menzogna di credere e far credere a tutti che siamo in grado di fare tutto senza di Lui. Il fiume che si separa di sua volontà dalla sorgente continua a vivere per qualche tempo, ma finirà per prosciugarsi. Un albero privato delle sue radici subirà lo stesso destino”.
Coronavirus, solo la punta dell’iceberg. Torniamo a Gesù
Infatti per Suor Verónica Berzosa il virus rappresenta purtroppo solo “la punta di un iceberg”. “Ancora una volta distruggiamo la punta e crediamo di esserci liberati da tutto l’iceberg. Ma non è così. La punta dell’iceberg nasconde un universo; è visibile solo un ottavo delle sue vere dimensioni. Nel profondo del nostro oceano ci sono problemi vitali e palpitanti, e il pericolo maggiore è chiudere gli occhi e non voler guardare”
In tutto ciò, la speranza ovviamente c’è, ben evidente. Questa è Cristo Gesù. “Nessun uomo è un iceberg alla deriva nell’oceano della storia. Sotto il ghiaccio c’è la vita, ma ci vuole fuoco, il calore dello Spirito perché il ghiaccio si spezzi e renda visibile la vita. Sappiamo bene che essere salvati non sfugge al pericolo imminente, ma viene liberato dal male più nascosto”
Giovanni Bernardi
Fonte: iltimone.org
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