Come sono cambiate le nostre vite in questo periodo di isolamento? Di fronte al male, serve la preghiera.
Paura di perdere, il lavoro, ansia, rabbia, eccesso di cibo, di alcol, di social network, tensioni che scattano in famiglia. Purtroppo la fotografia scattata dall’Osservatorio ‘Mutamenti Sociali in Atto-COVID19’ dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps), non è delle migliori.
Coronavirus, il rischio di abitudini negative. Serve la preghiera
Le condizioni abitative, relazionali o lavorative in cui vivono gli italiani cominciano ad essere problematiche. L’uso di internet eccessivo, e gli stati psicologici che ne conseguono, fanno pensare che c’è bisogno di staccare la mente da tutti i problemi che normalmente ci affliggono, e vivere una vita sempre più fondata sulla fiducia e sulla tranquillità.
I dati mettono in luce che il 13 per cento delle persone abita solo, contro un 56 per cento che convive con un partner. La metà circa delle persone intervistate vive con due o tre persone ed è impiegato a tempo pieno, mentre per il 25 per cento della popolazione il lavoro è attualmente sospeso. Il 23 per cento lavora in smart working, meno dell’11 per cento si reca fisicamente al lavoro.
Le conseguenze economiche sulle famiglie
Ma per quanto riguarda le condizioni economiche, 4 su 10 pensano che ne risentiranno pesantemente. Una su dieci pensa di perdere il lavoro o di chiudere la propria attività, due su dieci di finire in cassa integrazione. E il rischio di non riuscire a fare fronte alle esigenze alimentari colpisce addirittura tre persone su dieci.
Le donne sono maggiormente colpite dall’incertezza per il futuro, per il 44 per cento contro il 31 degli uomini, e le condizioni di maggiore disagio derivano dalla mancanza di interazioni sociali, che portano a un aumento degli stati depressivi e a disturbi di origine alimentare.
Molte persone hanno ricominciato a leggere
Le stesse difficoltà sono vissute purtroppo anche dai minori di 12 anni, con il disagio dovuto al distacco da amici e nonni e da un eccessivo uso di internet, che diventa abuso.
Per fortuna, molte persone hanno ricominciato a leggere. Molti sostengono anche di prestare molta attenzione a quanto leggono in rete. E quattro persone su dieci pensa che la rete offra la possibilità di ricevere notizie altrimenti non reperibili sui telegiornali. In ogni caso, l’utilizzo dei social media è raddoppiato, con il 33 per cento della popolazione che ne fa uso per più di tre ore al giorno.
C’è bisogno di rivolgersi il Signore con la preghiera
Un atteggiamento a cui però si collega l’incremento di emozioni negative come rabbia o paura, e un minore rilassamento. L’iperconnessione potrebbe perciò diventare nel tempo un fattore patologico, visto che il 44 per cento delle persone pensa che la comunicazione virtuale possa sostituire quella reale.
Il 5 per cento dei figli assiste poi, purtroppo, alle liti dei genitori. In ogni caso, le emozioni che nascono maggiormente in conseguenza del distanziamento sociale sono tristezza, paura, ansia e rabbia. Emozioni accentuate nel Mezzogiorno, forse per i tratti culturali dovuti alla maniera di interagire che esprime un più forte senso di comunità, specialmente nelle reti di vicinato.
Tutti dati che ci mostrano come non tutti gli italiani stiano vivendo al meglio questo periodo di isolamento. Eppure, molti cristiani sanno che Gesù ci accompagna e non ci vuole insoddisfatti. Bisogna ricordarsi che quando sarà tutto finito, la gioia di tornare alla normalità sarà raddoppiata. Bisogna perciò vivere nella preghiera, e nell’ascolto di quello a cui ci chiama il Signore in mezzo a questa emergenza. L’amore di Gesù non ci abbandona mai.
Giovanni Bernardi
Segui tutte le nostre News anche attraverso il nuovo servizio di Google News, CLICCA QUI