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Coronavirus, Il lavoro è dignità: la vera paura degli italiani è la crisi economica

In Italia, ora non è più la crisi sanitaria a spaventare, ma quella economica.

Nel post-coronavirus infatti le famiglie italiane non temono tanto il ritorno della pandemia quanto invece la crisi economica, e quindi l’arrivo della povertà. Lo spiega con esattezza un sondaggio condotto dal Forum delle Associazioni Familiari assieme a Rcs Sfera Mediagroup. Il campione esaminato, più che rappresentativo, è di 1.344 famiglie.

La crisi delle famiglie italiane dopo il coronavirus

Le vere paure degli italiani, è quando emerge dal test, sono quelle di vedere fallire aziende e interi settori, con una generazione a caduta di maggiore povertà e di un sempre più alto divario tra poveri e benestanti. Dal punto di vista collettivo, lo spauracchio maggiore è rappresentato dal debito pubblico e rischio in autunno di tensioni sociali.

Per sei famiglie italiane su dieci, una soluzione potrebbe essere rappresentata dall’assegno unico-universale per figlio. Si tratterebbe a tutti gli effetti di una proposta semplice e urgente da mettere in campo per allontanare la crisi economica che è alle porte. Le mamme e i papà chiedono al governo e al parlamento di prendersi carico di questa richiesta e portarla a compimento, al fine di tornare alla normalità dopo la crisi del coronavirus nella maniera migliore possibile.

Le misure del governo che non soddisfano gli italiani e la crisi

Ma i soldi sembrano non esserci, quindi non sarà facile vederla trasformata in realtà. “Lo spezzettamento dei contributi in bonus, incentivi, mancette, non ha colto il gradimento delle famiglie”, ha spiegato il il presidente del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. “Mamme e papà vogliono qualcosa di diverso: più semplice, immediato, chiaro e facile da ottenere. È importante che il Governo, in vista della legge di Bilancio e del Recovery Fund, dia un segnale forte in tal senso”.

Le famiglie italiane sembrano infatti avere accolto con grande tiepidezza le misure messe in campo dal governo Conte, di cui solo il 10 per cento di è detto soddisfatto per quanto riguarda i provvedimenti sulla scuola, e solo il 25 per cento sull’estensione dei congedi parentali. Uno su cinque è contento del bonus per gli autonomi.

Molte famiglie hanno difficoltà ad affrontare spese impreviste

Questo anche per la semplice ragione tre famiglie su dieci avrebbero difficoltà ad affrontare una spesa imprevista. Che possa essere il bisogno di acquistare inaspettatamente un elettrodomestico, di dover riparare l’auto, di compiere una spesa medica o emergenze simili. Il coronavirus ha infatti aumentato di 12 punti percentuali il numero delle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Passando cioè dal 46 per cento al 58 per cento.

photo web source: vistanet.it

Lo spiega, in questo caso, lo studio “Emergenza Covid 19: gli italiani tra fragilità e resilienza finanziaria”, proposto dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria Edufin alla società di ricerche e analisi di mercato Doxa. In questo caso, il campione dell’indagine, effettuata tra il 27 maggio e il 10 giugno, è di 5mila famiglie.

Il quadro che emerge sull’occupazione è preoccupante

Purtroppo, il quadro che ne emerge è più che preoccupante. Le difficoltà maggiori inoltre, si spiega che sono dei giovani che hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (38,9 per cento), le donne (38,5 per cento), i residenti al Sud e nelle Isole (33,8 per cento) e coloro che hanno un basso livello d’istruzione (35,8 per cento).

Le cronache parlano purtroppo di un vero e proprio salasso che nei prossimi mesi potrebbe arrivare per gli italiani, pari circa a 560 euro netti in due mesi. Se si considerano i cinque milioni di lavoratori finiti in cassa integrazione a zero ore, la perdita può arrivare quasi a raddoppiare toccando i 966 euro.

photo web source: agensir.it

Coronavirus, quanto hanno perso gli italiani in termini economici

Il Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil, elaborando i dati Inps delle ore autorizzate di integrazione salariale a causa del Covid 19, è giunto a conclusione che in due mesi le buste paga degli italiani ammessi alla cassa ordinaria, cassa in deroga e sussidi erogati dai fondi di solidarietà, al netto di Irpef e addizionali si sono infatti alleggerite di 4,8 miliardi di euro.

Che cioè 8,4 milioni di italiani in cassa integrazione hanno perso 2,5 miliardi ad aprile e 2,3 a maggio. Il che spiega anche il calo drastico dei consumi, e l’aumento dei segnali crescenti di malessere. “Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei della tredicesima e della quattordicesima in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 18% al 37% a seconda del reddito”, spiega la segretaria confederale Uil, Ivana Veronese.

La risposta del’arcivescovo Filippo Santoro sulla crisi economica

Il triste primato di questa perdita va alla Lombardia, con 1,2 miliardi di euro spesi per  1,86 milioni di lavoratori che hanno beneficiato degli ammortizzatori. A seguire il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte. In media, un lavoratore che prende 1.440 euro mensili ha perso in tutto 444 euro netti mensili, 889 euro nie due mesi. Per questo la ministra del lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo parla di una riforma complessiva sugli ammortizzatori sociali.

L’arcivescovo di Taranto Monsignor Filippo Santoro – foto web source

Per il presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro e arcivescovo della diocesi di Taranto, monsignor Filippo Santoro, la soluzione tuttavia c’è ed è davanti agli occhi. Cercare di focalizzarsi cioè su un obiettivo ben preciso: dare “un’occupazione degna e sostenibile come base per la costruzione di una società più giusta”.

La dignità dell’uomo di cui si parla nelle Genesi si esprime nel lavoro

“Il lavoro è degno perché ogni persona ha una dignità all’origine del suo essere”, ha spiegato Santoro all’agenzia Sir. “Nella Genesi si parla dell’essere umano come immagine e somiglianza di Dio. Questa dignità si esprime nel lavoro, che permette di far venire fuori le proprie ricchezze personali, di intelligenza, di azione. Così, per mezzo del lavoro, uomo e donna portano avanti l’opera creativa di Dio”.

Tuttavia, l’attuale situazione del lavoro, che mette in seria difficoltà le famiglie, è particolarmente attenzionata dalla Chiesa italiana.  “Di questi tempi, la prima criticità, particolarmente al Sud, è trovare lavoro e con la pandemia questa difficoltà si è aggravata. Perciò in queste circostanze è lavoro anche cercare lavoro e non starsene immobili. È persino più consigliabile cominciare a lavorare gratis, rispetto a cedere all’ozio di chi si piange addosso e dice che non c’è nulla da fare. Il mettersi all’opera è essenziale per la nostra vita”.

La gravità della situazione economica al sud e la crisi post-Covid

“La gravità della situazione al Sud è venuta fuori in tutta la sua drammaticità quando durante il blocco delle attività, si è fermato pure il lavoro nero”, ha proseguito Santoro. “È emerso così quanto fosse diffuso, perché la Caritas, il Banco alimentare, le parrocchie, hanno dovuto dare sostegno immediato a tutti questi altri poveri, oltre alla sacca dei poveri tradizionali, normalmente sostenuti. La situazione al momento rimane grave”.

Per questo, “è il momento di usare aiuti europei e statali con molta attenzione per un rilancio del lavoro nel Mezzogiorno che crei effettivo valore economico e sociale”. Il punto è che “serve una conversione culturale, come dice la Laudato Si’. L’obiettivo imprenditoriale non può essere il mero profitto a tutti i costi ma costruire qualcosa di positivo per la società, compatibile con il rispetto della vita, dell’ambiente circostante, della comunità in cui si vive”.

Esercitare la sobrietà e tornare al vero senso dell’occupazione

Bisogna cioè “tornare ad educare al senso vero dell’occupazione, come qualcosa di positivo, gratificante, necessario per la società, per la vita dell’altro, oltre che per la propria”. Per raggiungere questo obiettivo, “le risposte devono arrivare su tutti i piani, nazionali e territoriali. Questo è un momento privilegiato, in cui la pandemia ci ha provocato profondamente e fatto comprendere la necessità di una conversione culturale e un cambiamento degli stili di vita“.

In sostanza, ha concluso l’arcivescovo, “è tempo di esercitare la sobrietà e lo dico partendo dalle parrocchie, dai sacerdoti, per arrivare ai giovani. Occorre imparare ad accontentarsi del necessario, cambiare rotta e stili di vita. La pandemia ci ha fatto scoprire come siamo fragili e dalla fragilità nasce la domanda sul senso, sul valore della nostra vita e su come preservarlo”.

Giovanni Bernardi

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