Non ci sarà una seconda ondata di contagi da coronavirus. Ne è sicuro il premio Nobel per la Medicina 2011 Bruce Beutler.
Beutler ha spiegato che “nella maggior parte dei paesi europei e degli Stati Uniti, sembra che il tasso di nuovi casi e il tasso di mortalità stiano gradualmente diminuendo, anche se le persone hanno iniziato a uscire di nuovo, a tornare al lavoro e a interagire di più”.
E che quindi, nell’insieme, il lockdown vissuto in questi mesi e i cambiamenti nel comportamento, come il distanziamento sociale o l’uso di mascherina, “sembrano aver avuto effetti protettivi“. Lo ha spiegato all’agenzia adnkronos.
Beutler è direttore del Center for the Genetics of Host Defense dell UT Southwestern Medical Center di Dallas (Usa). Il prestigioso riconoscimento avuto nel 2011 è dovuto a un lavoro, svolto insieme ai colleghi Jules Hoffmann e Ralph Steinman, sulle cellule dendritiche e sul loro ruolo nell’immunità adattativa.
Grazie a questo lavoro, Beutler ha contribuito alla conoscenza del modo in cui il nostro organismo si difende dagli attacchi esterni attraverso il sistema immunitario. Parlando del coronavirus, lo scienziato ha spiegato che oggi la popolazione non è vulnerabile come lo era invece all’inizio.
Tutto ciò grazie alle misure intraprese, che portano a fare in modo che solo una piccola percentuale della popolazioni, oggi, risulti infettata. Nonostante ciò, il medico ha anche spiegato che “tutte le misure di prevenzione di base che abbiamo implementato non basteranno ad eliminare completamente il virus, e la vita quotidiana per tutti rimarrà certamente più scomoda di prima”.
Nella sua opinione, l’unico in grado di sconfiggere definitivamente la pandemia sarà il vaccino. Che dovrebbe arrivare, a suo avviso, all’inizio del prossimo anno. Solo in quel momento le case farmaceutiche riusciranno a produrlo in larga scala. Ma “non vi è alcuna certezza al riguardo”.
Come non è nemmeno chiaro se, nel momento in cui verrà iniettato, il paziente potrà avere una protezione completa. “Molti vaccini offrono una protezione di lunga durata (decenni o anche di più), altri proteggono solo per poco tempo” ha spiegato. “Ma poiché un vaccino non esiste ancora, non possiamo saperlo”.
L’immunologo sottolinea anche che le persone infettate che hanno avuto una maggiore risposta anticorpale hanno “meno probabilità di contrarre la malattia una seconda volta e possono conferire ‘immunità di gregge’, proteggendo effettivamente gli altri, perché non sono più in grado di essere untori. Ma come per la domanda sul vaccino, non c’è ancora abbastanza esperienza per conoscere il grado o la durata dell’immunità”.
Sul tema della possibilità degli asintomatici di infettare gli altri, il premio Nobel è in linea con la tesi espressa in Italia dal medico Crisanti, e che di fatto è in antitesi a quanto veniva affermato dall’Oms nelle prime settimane di diffusione della pandemia.
Gli asintomatici, assicura lo scienziato, possono infettare gli altri. Anche se “una persona asintomatica è probabilmente meno infettiva di una sintomatica”. “Indubbiamente, inoltre, molte persone hanno avuto l’infezione da Covid-19 e si sono riprese, non sono mai state diagnosticate”, spiega.
Aggiungendo che il rischio di un danno a lungo termine per i pazienti che guariscono dall’infezione potrebbe essere molto reale. “Nelle persone gravemente colpite che sopravvivono all’infezione, il danno polmonare può essere permanente e invalidante”.
Giovanni Bernardi
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